MARA BLASETTI


E’ racchiuso tra due albe romane, in una città ancora dormiente illuminata dai lampioni, Ippodromi all’alba, documentario sul mondo delle corse dei cavalli firmato da Alessandro Blasetti nel 1950. Realizzato su invito dell’U.N.I.R.E. (Unione Nazionale Incremento Razze Equine) e ora restaurato da Hippo Group Capannelle, la società che gestisce l’ippodromo capitolino, viene proposto oggi a Venezia 2002 nella sezione Nuovi Territori.
Madrina dell’evento è Mara Blasetti, figlia del maestro scomparso nel 1987. L’abbiamo incontrata sulla lussuosa terrazza dell’Hotel De Bains del Lido. Con voce ferma e gentile ha detto: “Il cinema di mio padre dovrebbe essere insegnato come il greco e il latino”.

Perchè suo padre realizzò “Ippodromi all’alba”?
Perchè amava molto l’ippica ed era lui stesso un cavallerizzo. Questo restauro è un’occasione per rimettere in circolazione il suo cinema. Voglio tirarlo fuori dalla polvere in cui è stato seppellito e ridargli il posto che gli spetta: quello di padre del cinema italiano. Per questo ho dato vita al Comitato Alessandro Blasetti di cui fanno parte anche Suso Cecchi D’Amico, Carlo Lizzani, Caterina D’Amico, Citto Maselli, Arturo Zavattini e Sophia Loren. In programma abbiamo il restauro di La contessa di Parma e Altri tempi. Purtroppo non troviamo sponsor e ricorriamo a fondi pubblici.

20 anni fa, nel 1982, Alessandro Blasetti ricevette il Leone d’oro alla carriera. Come visse quel momento?
All’epoca stava già male e non potè andare a ritirare il premio. Lo ricevette nella nostra casa romana dalle mani di Suso Cecchi D’Amico, Carlo Lizzani, Federico Fellini e Gian Luigi Rondi. Era felice ed emozionato ma fu anche un momento doloroso perchè non riusciva quasi a parlare.

Lei ha lavorato al suo fianco. Come ricorda il Blasetti regista?
Ho lavorato con lui dal 1951 per 10 anni. Iniziai portando i caffè sul set, diventai aiuto regista e poi passai alla produzione. All’inizio degli anni Sessanta andai per la mia strada lavorando con produzioni inglesi e americane perchè in quelle italiane non esistevano donne con potere decisionale. Da mio padre ho imparato tanto, sul set lui si occupava di tutto: dalle luci alla direzione degli attori ed era bellissimo vederlo recitare per loro. Era autorevole e trascinante. Aveva un metodo di lavoro diverso dal solito: in una giornata girava intere sequenze.

Che cosa è rimasto della lezione di Blasetti nel cinema italiano di oggi?
Oggi ci sono buoni registi in circolazione ma sono andate perdute la coerenza e la dedizione che caratterizzavano mio padre. I giovani registi hanno molto da imparare da lui, a partire delle numerose soluzioni tecniche che mise a punto. Fu un grande innovatore, sperimentò in ogni ambito: dal montaggio all’uso delle musiche. Oggi il regista più vicino ad Alessandro Blasetti è Ermanno Olmi.

autore
29 Agosto 2002

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