MILANO – “Giovanni è morto, questo è certo. E Giovanni era uno che aveva conquistato la stima degli spettatori, uno di quelli difficili da manovrare per un direttore. Giovanni è un uomo un po’ all’antica. Giovanni assomiglia molto, ad esempio, a Michele Santoro: possiede una tempra particolare, è capace di stare dentro le bufere e di non accettare compromessi. C’è un 20%, ma forse anche di più, di me in Giovanni: c’è affetto e comprensione per le sue contraddizioni. Giovanni io l’ho visto nella mia vita tutti i momenti, Giovanni un po’ sono stato anch’io, sì: la passione, la dedizione, il proporre il proprio modo di fare giornalismo/tv incurante delle conseguenze. Quindi, Giovanni è venuto naturale: dentro la sua anima sono andato un po’ a tentoni rispetto alle reazioni di quest’uomo generoso fino al punto estremo”, racconta Maurizio Mannoni, giornalista e storico volto del programma Linea Notte, che debutta nella scrittura letteraria con un noir affondato – mani, piedi, cuore e testa – in un luogo a lui molto famigliare, per il mestiere giornalistico, per la conoscenza del potere fatto di convenienze politiche, per le amicizie di una vita: Quella notte a Saxa Rubra (La nave di Teseo) è infatti il titolo del suo primo romanzo, ospite alla 34ma edizione del Noir in Festival (2-7 dicembre 2024).
Dunque, Mannoni, da giornalista di razza a eccellente investigatore, per un romanzo – 48 capitoli, e un Epilogo – che sembra già una sceneggiatura: la scrittura limpida, che crea immaginario, per esempio quello della “gabbia” della sede romana della Rai, ma anche quello lontano e alieno di Angela, la co-protagonista, giovane giornalista a contratto, che da “un mondo antico” approda nella Capitale, e di cui Giovanni s’innamora “fino a distruggersi”, ma “soltanto chi non ha mai scritto lettere d’amore fa veramente ridere” e Giovanni, di lettere d’amore, di poesie, di versi in musica, alla sua donna in fiore ne aveva scritte, e tante, come scopre, indagando, l’io narrante: “tira in ballo Fernando Pessoa, ma c’è un po’ di Guccini, un po’ di Vecchioni, un po’ di De André”.
Sono come sequenze – “o flash televisivi, se vogliamo” riflette Mannoni – che scorrono sotto gli occhi di chi legge, come momenti cinematografici in divenire, asciutti ma completi, strutturati e mai ridondanti; s’avverte la sapienza giornalistica della sintesi televisiva ma, altrettanto, si sente palpitare l’osservatore che dovrebbe sempre essere uno che fa il mestiere di Mannoni, che con questo debutto letterario, che potrebbe comodamente diventare cinema senza quasi necessità di adattamento, è l’occasione per il giornalista di “raccontare un pezzo della propria storia professionale e umana, un’esigenza: tanti lo fanno con un libro di memorie, ma a me non andava. L’idea è sbocciata da materiale accumulato, il mio materiale professionale, che volevo far vivere con qualcosa di clamoroso, allora ho detto: invento una storia non vera, ma verosimile” e così accade la metamorfosi di Maurizio Mannoni da giornalista a detective, che s’impegna in una storia fittizia, attraversando una galleria di personaggi con “i protagonisti – Giovanni e Angela – che per lunghe pagine definiscono la loro una storia ‘impossibile’, ma ne sono presi in pieno. C’è quindi la storia d’amore ma anche un episodio drammatico e doloroso, che riguarda lei, scatenante del noir”, spiega Mannoni che, da spettatore – e forse anche per questa sua storia d’amore – ha sempre amato “da morire” Ettore Scola, con i suoi “racconti belli, con grandi protagonisti, con storie determinate dalla personalità degli interpreti: mi sarebbe piaciuto scrivere, chessò, C’eravamo tanto amati. Mi è venuto spontaneo, qui, fare un racconto tutto filato, anche se penso sia più complicato tenere la palla dall’inizio alla fine: è cinematografico? Sì, indubbiamente”.
Se Giovanni è un giornalista capace e capace anche di cose audaci, Angela è una giovane giornalista in fase di praticantato: “ci sono dentro tanti mondi, e un mistero; c’è una potente storia d’amore; c’è una storia di giornalismo, e i vari modi di interpretare questo mestiere” ma c’è anche un Mannoni che dal vivo, a Milano, tessendo il vissuto personale con l’universo letterario che ha creato, racconta la Rai, che “è sempre stata un’azienda particolare, in mano da sempre alle maggioranze dei governi di turno, dove ruoli di potere venivano affidati al controllo della politica: non tutti, ma tanti, che aspiravano alla carriera – da dirigente a caporedattore – si muovevano in quella direzione, cercando il via libera del partito di controllo. Poi c’era tutta un’altra parte di persone, a cui mi sento di appartenere, a cui piaceva lavorare, così come alla protagonista, una ragazzina con contratti a termine, quelli che dipendono da un direttore…” e tutto – tra vissuto realistico e parto letterario – succede appunto a “Saxa Rubra, un luogo tetro, ma ciò non impedisce che possano nascere storie d’amore”. È lì che Giovanni “si accomiata dal programma che conduce, con parole molto precise, che poi si riconnettono alla fine, spiegando che fine abbia fatto”. L’inquietudine si stabilisce sin dalle prime righe e la temperatura della tensione cresce, esattamente come in un film quando la vicenda riesce a rapire l’attenzione, e così – come si farebbe guardando una storia su grande schermo – il romanzo noir di Mannoni si fa leggere tutto d’un fiato, lo vuoi mangiare, assaporarne – con l’io narrante traghettatore – tutti i gradienti, dall’amaro fatale alla delicata dolcezza.
“L’io narrante somiglia molto a me, appunto, e decide di capire cosa sia accaduto a Giovanni, lo fa per l’amico…deve almeno cercare di capire. È un viaggio alla ricerca della verità, indagando all’interno della Rai, dai direttori ai leader sindacali e anche politici, in cui coinvolge amici suoi, citati da me solo per nome ma riconoscibilissimi, come Ilaria, che è Ilaria Alpi; Giovanna che è Botteri, e che con la sua irruenza mi dà una mano; poi c’è Federica, Federica Sciarelli, che mi ricorda essere lei a fare una trasmissione che cerca persone. C’è Santoro e c’è Sandro Curzio. Giovanni è anche uno che fa dire: ‘in questa Rai c’è gente con la schiena dritta’. Il nucleo della storia avviene con i protagonisti maturi, ma si parte nella rievocazione da dopo la tripartizione”: la terza rete televisiva, prevista dalla riforma della Rai del ’75, avvia le trasmissioni il 14 dicembre 1979.
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L’anteprima del VI episodio di Gangs of Milano - Le nuove storie del Blocco, directors’ cut con interpreti anche Alessandro Borghi e Elisa Wong. La serie Sky Original è diretta da Ciro Visco, ospite – con il rapper e attore – della serata di apertura del Noir In Festival 2024
Il regista ospite al Noir in Festival per presentare il suo film, tra i 6 italiani finalisti per il riconoscimento, ideato da Gianni Canova con Giorgio Gosetti, organizzato dal Noir in Festival in collaborazione con Università IULM e “CinecittàNews”: martedì 3 dicembre ore 17.30 presso l’ateneo milanese
The Well e Adagio sono due dei 6 italiani finalisti per il riconoscimento, ideato da Gianni Canova con Giorgio Gosetti, organizzato dal Noir in Festival in collaborazione con Università IULM e “CinecittàNews”: lunedì 2 dicembre, appuntamento ore 17.30 e ore 20 presso l’ateneo milanese