Manetti Bros.: “I nostri noir 3D, dall’alieno cinese all’horror bolognese”


COURMAYEUR Ormai i Manetti Bros. a Courmayeur sono di casa. Da quando nel 2005 hanno vinto il premio del pubblico conPiano 17, non c’è stato anno in cui non hanno presentato i loro progetti all’ombra del Monte Bianco. In questa 20/a edizione è la volta di un episodio (dedicato al Caso Carretta) della serie televisiva La sottile linea nera, commissionato da Chi l’ha visto – insieme ad altri cinque cortometraggi – per raccontare le storie vere di alcune scomparse molto mediatizzate, ma poi trasferito, per la messa in onda, su RaiUno. Ma Marco e Antonio Manetti sono al Noir anche per mostrare i primi venti minuti del loro nuovo lavoro per il cinema: L’arrivo di Wang, una spy-story di fantascienza, come l’hanno definita loro stessi. Il film, autoprodotto dalla neonata Manetti Bros. Production, ha nel cast Ennio Fantastichini, Francesca Cuttica e Carmen Giardina, protagonisti di un incontro tra i servizi segreti italiani e un misterioso uomo cinese. L’incipit è certamente intrigante: una giovane interprete dal cinese viene convocata da un uomo per un lavoro urgente. Le mandano un autista, le bendano gli occhi e la portano in un luogo sconosciuto dove dovrà tradurre l’interrogatorio a un signore nascosto nel buio. Dopo tensioni e insistenze, potrà finalmente vedere il misterioso Wang, per scoprire che in realtà si tratta di un alieno. I due Bros hanno raccontato a CinecittàNews la genesi di questo nuovo mystery, che sarà pronto in primavera e per cui stanno cercando una distribuzione.

Da dove viene lo spunto per questa insolita storia noir con un alieno cinese?
Abbiamo scritto noi stessi soggetto e sceneggiatura sollecitati da Maurizio Memoli, uno dei tanti eccellenti digital artist costretti a lavorare all’estero perché in Italia non si fa un certo tipo di cinema con gli effetti visivi. Ha lavorato ad Avatar, a Tin Tin e con George Lucas, ma voleva tornare in Italia e ci siamo incontrati: ci ha chiesto di realizzare un film che potesse beneficiare di tanti effetti in computer grafica 3D. L’arrivo di Wang è quindi nato dagli effetti speciali, ma poi abbiamo ideato una storia molto personale.

E’ immediato il pensiero che si tratti di una metafora: il cinese come un alieno.
In realtà è una metafora piuttosto casuale, o forse inconscia. La vera metafora a cui pensavamo è più sottile ed è una riflessione su Guantanamo: di fronte a un potenziale pericolo globale, fin dove possiamo spingerci, con un innocente, nella repressione preventiva e nella ricerca della verità con ogni mezzo? Quanto la paura guida le nostre azioni?

Non si può negare, però, che L’arrivo di Wang faccia scattare una riflessione sul pregiudizio.
In tutti i nostri film ragioniamo sul pregiudizio, ma in modo diverso da come fanno gli altri. Spesso il cinema, e la fiction in generale, per riflettere sul pregiudizio finiscono per dire che tutte le minoranze, tutti i diversi, sono innocui e buoni, ma secondo noi anche questo è un pregiudizio.

Il film si svolge tutto dentro una stanza durante l’interrogatorio?
In buona parte sì, ma poi si apre un po’ anche all’esterno. E’ comunque vero che si tratta di un film claustrofobico, e lo dimostra la prima scena, in cui la protagonista guarda all’esterno da dentro un armadio. L’arrivo di Wang parla di una ragazza che finisce in trappola perché si fida troppo.

E’ insolito per un film italiano avere una dose così consistente di effetti in computer grafica 3D.
Sì, e ne L’arrivo di Wang ce ne sono davvero tanti, visto che il nostro alieno realizzato al computer è in scena per quasi tutto il film. Per gli effetti non ci siamo avvalsi di una società, ma di diversi “cervelli italiani in fuga” di grande talento, che hanno lavorato con noi soprattutto per passione, visto che anche questo è un film low-budget, nonostante tutto.

Per l’attrice è stata una sfida. Ha dovuto recitare tutto il tempo guardando nel vuoto?
Aveva davanti a sé un signore cinese in tuta verde. La situazione, vista da fuori, era abbastanza comica, anche perché lui parlava ovviamente cinese e lei non capiva nulla, al di là dei dialoghi che ha imparato a memoria.

State già pensando al vostro film successivo?
Stiamo scrivendo un horror con Giampiero Rigosi, e vorremmo girarlo ancor prima di finire L’arrivo di Wang, che richiede tempi lunghi soprattutto per la post-produzione. Parlerà di un gruppo di ragazzi bolognesi che, per fare una bravata, si introducono nella villa di un riccone durante il weekend, e scoprono che nel sotterraneo c’è una ragazza che sta lì segregata da 15 anni. Ma il proprietario della casa torna prima del previsto… Lo realizzeremo in 3D stereoscopico, che è perfetto per l’horror. Cameron dice che il 3D è una finestra sul mondo, per noi invece, almeno in questo caso, viene addosso allo spettatore.

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11 Dicembre 2010

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