L’evocazione sonora è immediata e inevitabile, e infatti Maledetta primavera, titolo del film di Elisa Amoruso, nella sezione Riflessi della Festa di Roma, nella propria colonna sonora annovera il brano canoro interpretato da Loretta Goggi. “Maledetta primavera è sempre stato uno dei miei pezzi preferiti, che ha accompagnato quel momento della vita che racconto nel film: un pezzo con note malinconiche, struggenti, ma anche note allegre; c’era un’affezione personale, ed era un po’ un sogno intitolare un film come un brano che ti piace molto; è un pezzo universale, adottato come manifesto alle manifestazioni gay; ho temuto non ce l’avremmo fatta a usarlo come titolo ma grazie ai produttori – Angelo e Matilde Barbagallo – ci siamo riusciti e sono felice perché racchiude le storie d’amore, qui quelle tra le ragazzine e con la famiglia”, spiega la regista.
E la “maledetta primavera” evocata è quella di Nina – Emma Fasano, per la prima volta sullo schermo -, quattordici anni all’inizio degli Anni ’90, con un papà sui generis (Giampaolo Morelli) – “di giorno lavora all’ENEL, e di sera vende macchine fotografiche” – e un fratellino problematico (Federico Ielapi, il Pinocchio del film di Garrone), parte – con Micaela Ramazzotti, la mamma – di una famiglia animata da bizzarria e disfunzionalità.
La storia comincia dalla confusione, quella di un trasloco verso la periferia romana, Cinecittà Est, quartiere materno ma non nelle corde di Nina, che ha sempre a portata di mano la pompetta del farmaco antiasmatico, e in cui lo scontro-incontro con “l’altro”, in questo caso Sirley (Manon Bresch), una poco più che coetanea mulatta e francofona, che frequenta la stessa classe ed è anche vicina di casa nel contesto del grandissimo condominio periferico, determina l’arco narrativo e il nucleo della vicenda, che Elisa Amoruso, autrice della regia e co-sceneggiatrice, ha individuato anche in questa occasione nel soggetto femminile (dopo le ultime esperienze cinematografiche con Unposted e Bellissime, entrambi dello scorso anno), nell’estetica della visione valorizzato dai primi e primissimi piani ricorrenti sui visi in fiore delle due adolescenti, capaci di esprimere una femminilità tanto pura quanto sul principio dell’esplosione, altrettanto i loro corpi. “Emma (Fasano) ci ha convinti al primo sguardo: intelligente, bella, nerd e inconsapevole, e con una sua stranezza particolare, non assimilabile a nessuna delle ragazze incontrate. Aveva una profondità nello sguardo che s’intuiva anche quando restava muta, e regge un primo piano senza parlare. È stata una grande messa in discussione per lei, che è stata all’altezza del compito arduo”, continua Amoruso parlando della sua protagonista.
“È stato molto emozionante debuttare da protagonista e – non lo negherò – bilanciare le emozioni con la vita. Però ho lavorato con persone stupende, altrimenti non sarebbe potuta andare molto bene. Ho sentito il personaggio di Nina molto vicino a me e ho voluto lavorare sull’essere naturale, e l’ho fatto molto a modo io: Elisa stessa mi ha detto di prenderla molto come sentivo io il personaggio, e questa cosa mi ha aiutata”, racconta Emma.
La sceneggiatura, scritta con Paola Randi e Eleonora Cimpanelli, nasce da un racconto in parte autobiografico della regista – qui alla sua opera prima per un film di finzione – steso dapprima come un flusso di coscienza e poi ordinato, tanto da essere stato finalizzato anche in versione letteraria, Sirley, edita Fandango Libri. “Trattandosi di una storia personale, la trappola più grande poteva essere non riuscire a staccarsi dal ricordo. Ho cercato di trovare la giusta distanza tra il personaggio e il mio ricordo del personaggio, e Giampaolo (Morelli) ha capito subito questo: mi ha proposto un suo adattamento del papà, m’ha proposto di farlo in napoletano, e effettivamente la cosa del dialetto funzionava e aiutava lui, che se lo sentiva più vicino; con tutti gli attori abbiamo cercato di dare ai personaggi una vita personale: abbiamo scoperto, con Emma, che non si sentiva di ballare danza classica, ma suonava il sassofono, così abbiamo introdotto questo elemento”, spiega l’autrice.
Mentre, per Morelli: “Questo personaggio, già dalla costruzione del look, mi divertiva molto, nel suo aspetto da ‘figlio dei fiori, ma non proprio’. È un personaggio affascinante in principio. Quella a Porta Portese è stata una scena molto d’improvvisazione, ma quando ‘possiedi il personaggio’ diventa un gioco serio anche l’improvvisazione. Certo, ti accosti al personaggio un po’ in punta di piedi perché sai che è il papà dell’autrice, quindi prendi le misure, poi inizi a metterci il tuo vissuto, quindi – delineato il carattere – abbiamo deciso di spingere nella direzione della peculiarità del suo stare al mondo: mi affascina il suo essere disordinato, inafferrabile, ma anche l’essere un padre e un marito pieno d’amore. I personaggi con dei ‘fuori fuoco’ sono sempre i più interessanti. Con Elisa, ci siamo incontrati che io stavo per iniziare le riprese del mio primo film, con la testa piena di cose e senza tempo per fare altro, però ci tenevo ad incontrarla: penso sempre che pre/adolescenza siano età che ci segnano e quindi credevo potesse essere una bella storia, e mi sentivo molto vicino a lei, perché stavamo per debuttare entrambi alla regia, per cui una forte vicinanza”.
“Il finale – come scritto – era forse più riconciliante con la famiglia, aveva un senso diverso rispetto a quello che abbiamo poi deciso di lasciare, su proposta della montatrice: l’espressione di Emma in quel momento lasciava aperta la disillusione per la sparizione di Sirley, il suo viso comunicava abbastanza da non dover aggiungere nient’altro, così ho scelto un finale in sottrazione, un finale aperto rappresenta la perdita dell’innocenza attraverso la disillusione”, aggiunge ancora Amoruso.
Maledetta primavera è una produzione BIBI Film con RAI Cinema: usce nelle sale il 12 novembre, distribuito da BIM, “la distribuzione dei sogni”, chiosa Elisa Amoruso.
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