Mahmood: un successo che va oltre i ‘Soldi’

In anteprima ad Alice nella Città e nelle sale italiane esclusivamente dal 17 al 19 ottobre con Nexo Digital arriva Mahmood, il docufilm evento che racconta l’incredibile storia di uno dei talenti più amati dell’odierna scena musicale italiana, un artista che parla la lingua dei suoi fan, li rappresenta e dà loro una voce.

Attraverso il racconto dei suoi affetti, della vittoria a Sanremo, della partecipazione a Eurovision, il tour europeo, i backstage dei suoi lavori, il docufilm ascolta la voce di Alessandro Mahmoud – questo il suo vero nome – e le testimonianze di artisti come Blanco, Carmen Consoli, Dardust, per raccontare il percorso che, da ragazzino nato e cresciuto nella periferia milanese, l’ha portato al successo facendolo diventare il fenomeno musicale che è oggi.

Il docufilm è diretto da Giorgio Testi e scritto da Virginia W. Ricci .

“Tutto è collegabile – dice il musicista in conferenza, reduce anche dal successo di una graphic novel – cinema, musica, moda. Con il cinema riesco a toccare corde che non riuscirei a raggiungere con la musica. E’ molto fico, siamo riusciti a creare un percorso lineare che non credevo possibile. Abbiamo trasmesso anche una certa semplicità, con cui tutto abbiamo vissuto. Pochi documentari mi hanno toccato come questo, forse quello su Paolo Conte. Fatico perfino a rivedermi sullo schermo, non mi piace la mia faccia, ho fatto togliere un sacco di scene. Ma è vero anche per la musica, a volte non riconosci la tua voce nelle note. Mi sto abituando”.

Nel film ci sono bagni di folla e momenti intimi, di sconforto. Dice il regista: “all’inizio non è stato facile. Si tratta di invadere il territorio di un artista. Era talmente poco abituato ad averci intorno che sembrava un emergente, ma dall’altro sapeva esattamente quello che voleva. Ale parla poco di sé stesso, molte cose le racconta con un brano. E’ stato bravo a portare dentro tutti, non è un lavoro solo per i fan. Non ci siamo limitati a celebrare il suo successo. Il successo è solo una parte della sua vita”.

Il più grande successo di Mahmood, ‘Soldi’, è un racconto del difficile rapporto con il padre, che c’è anche nel doc: “Anche le cose più scomode, e che non vorresti raccontare, servono. Mi sono sentito di raccontare queste cose perché serve a me innanzitutto. Per non pensare ai problemi e per concentrarmi sul lavoro offusco ricordi del passato, invece questo documentario è stato terapeutico perché ti aiuta a mettere dei puntini”.

E c’è anche il rapporto con la mamma, Anna Frau, che secondo gli autori meriterebbe uno spin-off.

“Il doc – continua Mahmood – è il contrario di un premio alla carriera. Racconta come sono, ma non la rockstar che spacca tutto. Si vede anche come sono realmente, preso male, ansioso, anche se a volte mi sento invincibile. Io sono all’inizio, mi serve soprattutto per spiegare come sono fatto io agli altri, come mangio, come faccio colazione, cose di questo tipo. D’altro canto anche le canzoni sono un pretesto per raccontare. Tra successi e lockdown, sono stati anni movimentati. Per raggiungere gli obiettivi si tratta di farsi il c*lo, anche questo voglio raccontare. Lo studio è essenziale, prendo lezioni di canto da quando avevo 12 anni, ho capito quanto cantassi male solo dopo aver iniziato. Cantavo di gola per imitare gli altri, mettevo la voce in maniera sbagliata. Poi ho cominciato con il pianoforte e la composizione. Ma non farei l’attore, non mi sento così portato”.

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