Dopo Hana Makhmalbaf, diciannovenne figlia del regista Mohsen, ad Alice sbarca Luke Eberl ventunenne filmmaker americano che alla Festa presenta Choose Connor, il suo primo lungometraggio. Nato e cresciuto a Boulder, Colorado, Eberl fisico esile, grande energia e sguardo sveglio, inizia la sua carriera a 7 anni come attore esibendosi a teatro. Cinque anni dopo arriva il primo film Phantoms, tratto da un romanzo di Dean Koontz, e poi un ruolo nel remake di Tim Burton Il pianeta delle scimmie. Stando sul set Eberl capisce però che quello che gli interessa davvero è dirigere. Così ancora prima di diventare un adolescente imbraccia una normale telecamera e inizia a girare documentari che rivende alle tv locali. Oggi vanta un curriculum di tutto rispetto con decine di apparizioni in serie tv e ruoli in film di calibro come Letters from Iwo Jima di Eastwood. A Roma però è arrivato con un film che parla ai ragazzi di politica. Protagonista di Choose Connor è infatti Owen brillante quindicenne sul punto di iniziare le superiori che un giorno incontra Lawrence Connor politico candidato al Senato degli Stati Uniti, e diventa il suo giovane portavoce per le imminenti elezioni. Una storia che sta particolarmente a cuore a Eberl che lavora al film da quando aveva 19 anni e che spera sia di aiuto a tanti giovani come lui interessati a capire meglio come funziona il mondo e che si può fare per migliorarlo.
E’ sempre più raro trovare ragazzi della tua età interessati alla politica e a capire meglio il nostro tempo. Chi ha ispirato la tua curiosità?
La mia non è una generazione impegnata, è vero. Alla mia età i miei genitori manifestavano contro il Vietnam. Oggi che l’America è ancora in guerra nessuno si sente davvero in dovere di fare niente, figuriamoci scendere in piazza. Devo sicuramente ai miei il mio interesse a guardare le cose in profondità.
Da che nasce questo disamoramento?
C’è un sentimento diffuso di autopreservazione e egoismo. La priorità è stare bene, riuscire a comprare quello che si desidera e una volta conquistato una buona posizione sociale barricarcisi. Del resto interessa poco alla gente. Almeno in America.
Sei pessimista sulla situazione. Lo è anche il messaggio che c’è in Choose Connor?
No. Il bello del film è che ognuno lo percepisce in maniera diversa. Io stesso cambio parere ogni volta che lo guardo. Ed è anche per questo che l’ho girato. Volevo cercare io per primo di barcamenarmi in questa società.
Ovvero?
Principalmente il film mostra quanto e in che modo i giovani siano sovraccaricati dalle informazioni oggi. Internet e il cellulare hanno completamente cambiato il modo di vivere e di essere ragazzi. Spesso alcuni di noi non riescono ad appassionarsi a una causa perchè troppo confusi da miriadi di messaggi che li sviano.
Qual è la tua ricetta per non restare schiacciati da tutto questo?
La sto ancora cercando e non è detto che riesca a trovarla. L’importante credo sia essere consapevoli che il problema esiste. Come ha scritto Aldous Huxley nel suo romanzo Il nuovo mondo: “Le vittime della manipolazione non sanno quasi mai di essere vittime, vivono nell’illusione della libertà”.
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