Luisa Ranieri: dalla Francia al cinepanettone, senza snobismi


FIRENZE – E’ l’inquietante Thérèse Desqueyroux di Claude Miller, interpretata da una sulfurea Audrey Tatou, a campeggiare sul manifesto di France Odeon, festival di cinema d’oltralpe di cui CinecittàNews è Media Partner. Il maestro, recentemente scomparso, è stato omaggiato con le testimonianze di chi lo conosceva, con le parole di Aldo Tassone, Giorgio Gosetti, Claudio Carabba e soprattutto del figlio Nathan, che ricorda: “mio padre era un regista prima di essere un padre, e va bene così. Anche quando dovevamo parlare di sentimenti, lo facevamo attraverso il cinema, era il nostro modo di dirci ‘ti voglio bene'”. A seguire, la proiezione della sua ultima opera (ultima, purtroppo, in senso assoluto), che ha chiuso Cannes e che per France Odeon rappresenta una prima assoluta, dato che anche in Francia uscirà il 21 novembre. Ma con tutto il rispetto per Thérèse/Tatou, che nel bel film di Miller avvelena suo marito, a illuminare la giornata è un’altra donna, altrettanto affascinante, ma decisamente più rassicurante. Si tratta di Luisa Ranieri, a Firenze per accompagnare la commedia Le Marquis, in cui interpreta una svampita ‘pupa’ di un boss della malavita, a fianco della star Franck Dubosc che proprio l’anno scorso ha presenziato nel capoluogo toscano con 10 jours en or. Una tradizione che si ripete, quella dei volti italiani prestati al cinema francese, e che compiace il direttore di France Odeon Francesco Ranieri Martinotti, che con il festival ha proprio l’intenzione di riavvicinare due universi un tempo comunicanti, che poi si sono allontanati, forse a causa dello strapotere delle agenzie in campo di casting.

Come l’ha scoperta, la Francia?
Avevo avuto delle esperienze di coproduzione con Eros di Antonioni e con il televisivo Callas. In quel caso mi ha dato molto fastidio il fatto d’essere stata doppiata, così mi sono detta che dovevo assolutamente perfezionare la lingua e sono andata a stare in Francia per un po’. Nel frattempo, assieme al mio agente, abbiamo deciso che avrei comunque dovuto fare dei provini, così mi sono ritrovata in questo Le Marquis e in Benvenuti a bordo, sempre con Dubosc. Potrei dire che Dubosc è il mio ‘karma’.

Nel film interpreta una donna non esattamente intelligente…
Quando il regista Dominique Farrugia mi ha chiamata, per dirmi che gli serviva ‘una scema’, ci sono rimasta un po’ male, ma invece è stata una sfida. E’ la prima volta che mi fanno fare la ‘pupa’ del boss. Io sono mora e di solito quel ruolo spetta alle bionde. Mi ha aiutata in questo caso il fatto di non recitare nella mia lingua madre, potevo accentuare la tendenza a non capire perfettamente tutto, magari fraintendere una vocale, per sembrare sempre fuori luogo. Si tratta in realtà di una ‘finta stupida’. Poi avevo in mente Marylin, o anche Valeria Marini, con la sua prorompenza fisica. Sono personaggi sopra le righe.

Trova differenze tra il modo di lavorare dei francesi e quello degli italiani?
Non molte. Trovo che noi come loro siamo bravissimi a fare film ma forse loro hanno più mezzi e più apertura. Viva il film d’autore ma anche la commedia o il film di genere. Io ero preoccupata perché giravo in Francia due commedie di seguito e la mia agente mi diceva ‘sono paranoie’. Poi ho trovato una certa benevolenza nei confronti degli attori italiani. Anzi, tante volte mi invitano a sembrare ‘meno francese’ perché amano il mio accento. Dominique poi è una persona straordinaria, chi lo conosce sa che ha delle difficoltà motorie e vederlo lottare, con il caldo torrido di Manila, ogni giorno, è veramente un grande esempio. E’ stata anche la prima volta che ho girato da quelle parti.

Non trova ci sia più varietà nei ruoli femminili del cinema francese?
Questo è vero. In Italia i ruoli per le donne sono sempre gli stessi, se un’attrice fa una parte, e le viene bene, è ‘fregata’, farà sempre quella. Non c’è voglia di sperimentare. In Francia è diverso, pensano a te come energia creativa da sfruttare e spremere al meglio. Non gli importa se la ‘pupa del boss’ di solito è bionda, non si pongono limiti. Non voglio dire che io sia Catherine Deneuve, ma certo non siamo granché aiutate. Un tempo era diverso, c’erano ruoli vari, strutturati, anche per le donne, da noi, penso alla Loren in Una giornata particolare o a Monica Vitti ne La ragazza con la pistola. Oggi, tra l’altro, ricorre il suo 81mo compleanno. Una delle prime donne in grado di far ridere restando attraente. Perché anche questo è un altro luogo comune. Se sei carina, non fai ridere. Uno dei pochi ruoli femminili scritti bene degli ultimi anni è stato per Donatella Finocchiaro nel film Angela di Roberta Torre, che però non ha avuto il respiro che meritava.

E’ per diversificare i suoi ruoli che ha accettato la parte nel prossimo cinepanettone di Neri Parenti?
Ho imparato dai francesi che non esistono film di serie B, niente snobismi. Sono un’attrice, una “mercenaria”, non opero a cuore aperto, non cambio la vita delle persone, le faccio solo ridere o commuovere. Tra l’altro, il cinepanettone di quest’anno è meno cinepanettone del solito. Si chiama Colpi di fulmine e tratta degli equivoci dell’amore, sono attorniata da un bel cast, il che mi ha spinta ad accettare. Conosco Christian De Sica, poi c’è Arisa nel ruolo della perpetua, ci sono Lillo & Greg e non c’è volgarità. Potrebbe essere anche un film francese, perché no.

E del suo ruolo può dirci di più?
Se conosce un po’ Aurelio DeLaurentiis sa che ‘non puozz’ parlà’. E’ tremendo, lui. I contratti sono pieni di cavilli e lo dovrei chiamare proprio ora per chiedergli cosa posso e cosa non posso rivelare. Prima della conferenza stampa ufficiale, non se ne parla. Posso solo dirle che sarò un maresciallo dei carabinieri, ma questo forse già lo sa, dato che è stata autorizzata da Aurelio stesso una ‘sbirciatina’ sul set.

Si può dire per certi versi che Dubosc sia il De Sica francese. Si assomigliano un po’ fisicamente e nei ruoli che coprono, oltre che per essere due campioni della commedia popolare…
Vero. E hanno in comune il fatto di saper fare tante cose. Sono andata a vedere Dubosc a teatro e le assicuro che non ho mai visto tanta gente accalcarsi per un live show. Balla, canta, sa fare il comico e anche il drammatico. Lo stesso vale per Christian, che però, anche lui, è stato incasellato in un ruolo. Ma nel film di Avati, ad esempio, dove recitava una parte drammatica, è stato straordinario. Si vede che ha la sua storia, c’è suo padre dietro di lui. C’è l’essere cresciuto sulle gambe di Richard Burton, cosa che forse è mancata a Dubosc. E poi, mi fa morire dal ridere.

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03 Novembre 2012

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