LOCARNO – Da sempre Luc Besson ha in mente un sogno: dimostrare che gli europei sanno fare i film d’azione meglio degli americani. Il ritmo, gli effetti speciali e lo star system sono ovviamente importanti, ma secondo lui è fondamentale anche un altro fattore: l’intelligenza – non a caso di questa e del suo potenziale di sviluppo si parla nel suo ultimo lavoro – unita al buon gusto e a una raffinatezza intellettuale che i tycoon di Hollywood spesso non sanno cosa sia. E quindi Besson ha iniziato ad attrezzarsi: ha perfezionato i suoi studi di ripresa con tutte le più nuove ricercatezze tecnologiche e ha intessuto grandi rapporti con lo star system internazionale. Il risultato più recente di questa politica è Lucy, la pellicola che ha inaugurato la 67° edizione del festival di Locarno e che esce in Francia (a breve in totale saranno 80 paesi) dopo aver sbancato i botteghini negli Stati Uniti. Nel film ci sono Scarlett Johansson e Morgan Freeman, c’è l’Estremo Oriente tanto caro, attualmente, al cinema d’azione, ci sono molti colpi di scena e una buona dose di adrenalina. Ma c’è anche una storia che non disdegna l’approfondimento psicologico e tenta, attraverso un mix di azione, commedia e venature filosofiche di raccontare il grande mistero della conoscenza, e quindi dell’uomo.
La Johansson, infatti, è una studentessa che per un errore rimane coinvolta nel mondo della droga. Dei trafficanti asiatici la obbligano a fare il corriere per loro conto. Lucy – questo il suo nome – costretta, accetta, ma non si arrende. Ed è proprio grazie alla droga che deve trasportare, che, quando tutto sembra perduto, si trasforma: acquista poteri fuori dalla norma – proprio come uno dei tanti supereroi di Hollywood – e arriva a sviluppare interamente tutte le sue facoltà mentali, pronta a vendicarsi di chi si è approfittato di lei. Suo unico alleato sarà uno scienziato (Morgan Freeman) che la aiuterà a portare fino in fondo un’esperienza al limite dell’umano: Lucy sarà in grado di vedere il passato e il futuro, di leggere nella mente, di raccogliere e forse trasmettere per sempre la conoscenza a chi verrà dopo di lei. Non a caso il suo nome è quello della prima scimmia antropomorfa, che lei incontrerà in uno dei suoi viaggi nel tempo. “Lucy ci riporta all’origine del mondo – racconta lo stesso Besson – ci connette al nostro primitivo facendoci riflettere su che cosa saremmo se fossimo in grado di usare completamente il nostro cervello, se possedessimo il tempo e fossimo in grado di essere dappertutto, come Dio…”. La Johansson, che non è venuta a Locarno per l’inaugurazione, veste i panni di una nuova Eva non solo per quanto riguarda la storia raccontata nel film. Il suo personaggio, infatti, viene dopo una serie di altre figure che hanno reso celebre il regista francese, fra tutte Nikita: “ Non avrei potuto fare Lucy senza di lei. In generale non avrei potuto fare questo film senza i mie precedenti, anche se Lucy è molto diverso da tutto quello che ho fatto fino ad ora ed è nato dal desiderio di rinnovarmi. Ci ho impiegato nove anni ma credo di avere fatto un buon lavoro. La vera sfida era quella di fare un film divertente e intelligente e credo di esserci riuscito”.
Altrettanto lungo è stato il lavoro con gli attori che Besson racconta con grande entusiasmo: “Con Scarlett Johansson è stato amore a prima vista. Mi ha convinto dal primo momento che ci siamo parlati. Io volevo un’attrice, non una diva e fin dai primi incontri ho capito lei sarebbe stata quella giusta. È una grande lavoratrice e mi ha permesso di creare un personaggio molto ricco. È stato un lavoro molto duro quello sul personaggio di Lucy, abbiamo dovuto inventare dei gesti e una voce completamente nuovi e all’inizio Scarlett era spaventata, perché era come dover imparare una nuova lingua, poi tutto ha preso forma naturalmente. La stessa intesa è scattata con Choi Min Sik, l’attore che interpreta il cattivo e che fino ad oggi non aveva mai lavorato fuori dalla Corea: La prima volta che ci siamo parlati, per paura che la sua traduttrice, che di cinema non capiva un granché, traducesse male, gli ho recitato il film dall’inizio alla fine!”.
Gianfranco Pannone con il documentario Sul vulcano - fuori concorso al festival di Locarno e distribuito da Luce Cinecittà - lancia un appello ai politici per sensibilizzarli sulla grave situazione in cui versano quella zona e i suoi abitanti: "Ho preferito raccontare il Vesuvio anche attraverso le parole e gli scritti di tanti artisti e scrittori. Ma affronto anche i problemi che la speculazione ha creato. Parlo delle case costruite sui canali creati dalla lava, racconto la concentrazione di persone che vive in posti che non dovrebbero essere abitati. E questa è politica, politica vera, quella che piace a me"
"Volevo che in Perfidia ci fosse la Sardegna che conosco, che non è soltanto quella colorata, piena di sole e di mare, ma quella grigia, claustrofobica che si respira in certe periferie", così il regista sul suo esordio passato in Concorso al Festival di Locarno e in uscita in sala il 27 novembre con Movie Factory e Il Monello film. La storia, ambientata a Sassari, racconta di un padre e un figlio che, dopo la morte della loro moglie e madre, convivono scoprendo di essere due completi estranei. "Il tempo che stiamo vivendo è fatto di di una cattiveria che s'innesta silente nella società, nella famiglia, fra le persone, che non comunicano più e sono spesso paralizzate dalla solitudine", spiega l'autore
“Qui ci sono molti conti bancari della famiglia Marcos, sareste così gentili da ridarceli a noi, popolo filippino?”, così Lav Diaz, il regista premiato con il Pardo d’oro per il suo From What Is Before. Cancellata l'attesa masterclass con Roman Polanski che, a causa di una polemica montata da un politico locale, ha disertato il festival. Dario Argento ha annunciato che produrrà una serie per la tv americana: una decina di film, uno o due da lui diretti, i restanti affidati a giovani registi di horror indipendenti per il web
Il masterclass di Roman Polanski in programma a Locarno il 31 agosto con la moglie Emmanuelle Seigner, sta rinfocolando polemiche nel ticinese, il bacino d’utenza primo e naturale del festival. Parecchie voci indignate, anche a mezzo stampa, per l’invito al regista che si porta però ancora dietro il peso dell’accusa di stupro a una ragazzina. A protestare anche alcuni politici, come Fiorenzo Dadò, capogruppo del partito popolare democratico. Ma il direttore Carlo Chatrian risponde: "Lo invito come regista ponendo l'accento sui suoi film"