CANNES – Louis Garrel, per Les Amandiers di Valeria Bruni Tedeschi (leggi l’articolo), è “un’impressione di Chéreau, un disegno” del maestro di recitazione del parigino Théâtre des Amandieurs, dice lui di se stesso nel ruolo. “Era difficile il ruolo di Chéreau, perché sapevo quanto Valeria lo conoscesse bene e che ne fosse stata innamorata, me l’ha detto. Dunque, nel recitare una persona che ha ‘vissuto’ con la regista, che inoltre ne era innamorata appunto, c’era davvero il rischio di sbagliare”.
L’attrice e regista italiana, il cui film partecipa in Concorso, ha scelto ancora il suo ex compagno di vita per interpretare quello che per lei è stato un padre artistico, Patrice Chéreau, di cui Garrel spiega: “Sono affascinato dal personaggio e dalle sue mise-en-scène, ne ho anche vista una in cui recitava Valeria, e poi, alla mia scuola di teatro, lui era considerato come un Dio vivente. L’ho incontrato grazie a Valeria a una cena, e grazie a Luc Bondy, un amico di Chéreau, inviato da Chéreau a venire a recitare a Parigi: loro erano due amici-rivali, così a casa di Bondy ho visto tante volte Patrice Chéreau. E io, che sono di solito un personaggio leggero, con Chéreau non lo ero mai, perché lui era tutto fuorché sinonimo di leggerezza; era concentrato e dava l’impressione di lavorare sempre. Quindi, quando Valeria mi ha detto ‘voglio farti fare un provino per il ruolo di Chéreau’, io ho detto ‘ma non lo farò mai come lui era, sarebbe ridicolo, facciamo insieme un’impressione di Chéreau appunto. Le sue particolarità erano la grande passione per il lavoro, l’angoscia ovviamente, e la passione per gli attori”.
Conosciamo Patrice Chéreau nel film di schiena, mentre avvita una lampadina, gesto semplice da parte di un mito, “ma era vero quell’episodio. Lui – un po’ come Nanni Moretti per la sua sala cinematografica – si occupava del suo spazio: lui era un Maestro di teatro, e quel modo di fare era sintomo di passione”, continua Garrel. “C’è un documentario geniale che s’intitola C’era una volta…19 attori, in cui tutti gli attori della scuola di Chéreau parlano, e lì c’è anche Valeria piccolissima, a cui il documentarista chiede ‘cosa ti aspetti da un regista? E lei, istintivamente, risponde: ‘mi piace un regista che me casse, che mi rompe: cioè, è qualcosa di masochista; ma tutti (gli allievi) erano più o meno pronti a lavorare con Chéreau fino alla morte”.
Garrel, che appunto ne Les Amandiers si fa carico del ruolo più adulto, per il lavoro da impostare con gli attori più giovani del film, ha concordato con la Bruni Tedeschi di “non fare una messa in scena finzionale: io dovevo lavorare con loro con realismo, perché era una messa in scena nella messa in scena e ho detto a Valeria ‘facciamo un documentario sul mestiere di mettere in scena’. Ho studiato i dialoghi di Valeria fuori dalla scena ma poi basta, ho lavorato direttamente con loro, perché è molto difficile fare finta di essere un regista”. Infatti, nipote dell’attore Maurice Garrel, Louis racconta di essere ricorso a un suo insegnamento: “Mio nonno mi ha dato una lezione, riferendosi alla pièce in cui recitava Freud: ‘non ho potuto recitare Freud, ho recitato un dottore’. Così io non recitavo Chéreau, recitavo un regista. Sono ruoli impossibili, altrimenti”.
Garrel, prendendo spunto dal doppio soggetto in campo – teatro e cinema – fa una riflessione sulle due forme d’arte, con un punto di vista personale che non patisce dubbi, infatti: “se a teatro un attore di 80 anni recita un bambino di 10 anni è poetico, al cinema è tragico. Per un attore, una vita dedicata al teatro è molto più ricca: fare l’attore di cinema per me non è un mestiere, più un hobby. Tutti possono recitare in un film, tutti possono fare un ruolo al cinema: a teatro non succede, è proprio un mestiere”.
Garrel, protagonista a Cannes ne Les Amandiers – oltre che regista de L’innocent, Fuori Concorso -, recita anche ne Le vele scarlatte (L’envol, leggi articolo) di Pietro Marcello: “Sono contento di lavorare con gli italiani, perché voi avete una visione del cinema fatta di ironia e passione, due cose che i francesi non hanno”.
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