E’ l’unico film di animazione della Festa – insieme a The Three Robbers e a un “assaggio” delle Winx, entrambi nella sezione Alice nella Città – ma Peur(s) du Noir non è affatto un film per bambini, e non a caso è stato inserito nella più adulta “Cinema 2007”, fuori concorso come titolo a sorpresa. Fresco di uscita dai laboratori di postproduzione, il film firmato da sei tra i più grandi disegnatori mondiali arriva a Roma in prima mondiale, dopo una gestazione durata tre anni in cui Blutch, Charles Burns, Marie Caillou, Pierre Di Sciullo, Richard McGuire e il nostro Lorenzo Mattotti si sono cimentati per la prima volta con le immagini in movimento firmando la regia di sei variazioni in bianco e nero sul tema delle paure, degli incubi e delle fobie quotidiane. Il tutto unito, “come in una sinfonia”, dalla supervisione artistica di Etienne Robial, che non si è limitato a mettere ogni episodio uno dopo l’altro, ma ha fatto vivere le storie, realizzate con tratti e tecniche diverse (matita su carta, 3D e animazione digitale), “in una stessa casa”. Parlato con le voci di attori francesi come Guillaume Depardieu e Nicole Garcia, Peur(s) du noir uscirà in Francia il 13 febbraio, mentre non ha ancora un distributore per l’Italia. Lorenzo Mattotti, illustratore di tanti fumetti, libri e manifesti per iniziative culturali (come l’Estate Romana, ad esempio), è l’unico italiano del gruppo, con una storia che rievoca le spaventose leggende della sua città natale.
Perché ha scelto di raccontare questa storia in particolare? E’ davvero legata alla sua infanzia?
L’ho ripresa e adattata, insieme allo sceneggiatore Fabrizio Ontani, da un libro illustrato che avevamo già realizzato tempo fa. Quella del coccodrillo visto come entità mostruosa colpevole di aver fatto sparire delle persone è una leggenda diffusa in almeno tre cittadine in Europa. Alla Chiesa delle Grazie di Mantova, per esempio, c’è effettivamente un coccodrillo appeso al soffitto, simbolo, come nella mia storia, della vittoria sulla creatura malvagia. Da piccolo questa cosa mi colpiva molto, ed ha alimentato per anni le mie paure.
Perché avete optato per il bianco e nero per tutte le storie? Lei usa molto il colore, di solito.
Era un’indicazione della produzione e d’altronde si parla di paura, e il nero c’è anche nel titolo. Ma credo che lo avrei scelto anche da solo, perché il bianco e nero permette di concentrarsi di più sulla potenza della composizione e sul mistero delle forme.
Dopo le illustrazioni per Eros di qualche anno fa e dopo questo esperimento, ha voglia di realizzare un film d’animazione tutto suo?
La voglia certamente c’è, e l’esperienza di Peur(s) du Noir mi ha stimolato ancora di più perché a noi illustratori sono stati affidati non solo i disegni, ma anche la regia. Questo ci ha dato un’autonomia e un’indipendenza notevole, avevamo il pieno controllo delle nostre storie. Se dovessi fare un film mio credo che riprenderei proprio questa storia, sviluppandola. Mi piace molto parlare di mostri, miti, creature strane. E poi c’è un progetto di Pinocchio animato, da realizzare con Enzo D’Alò, rimasto in sospeso.
Nell’anno del successo internazionale di Persepolis, che ruola pensa che occupino i film di animazione nel cinema, e in particolare quelli non destinati strettamente ai bambini, come Peur(s) du Noir?
Si stanno aprendo delle porte importanti per il cinema d’animazione per gli adulti, anche grazie a registi come Hayao Miyazaki. Ma è sempre difficile farsi finanziare questi film, perché il produttore vuole essere sicuro di avere un pubblico, e quando ci si rivolge ai più piccoli è più facile. Ma esiste una generazione, che è anche la mia, che non ha pregiudizi verso il cinema d’animazione per adulti e che amerebbe vederli al cinema.
Lei vive e lavora a Parigi, anche se non ha perso i contatti con l’Italia. Perché questa scelta?
E’ stata un decisione presa pian piano, visto che il mio lavoro si spostava sempre più in Francia. Lì in questo campo è più facile trovare persone che hanno delle belle idee e che le portano fino in fondo, c’è più energia, e probabilmente ci sono anche più aiuti. Essere lontano dall’Italia, poi, mi aiuta a vivere la situazione difficile del mio paese con più ironia.
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