Lone Scherfig: “The Movie Teller come Nuovo Cinema Paradiso”

Abbiamo intervistato la regista danese, ospite dell'Umbria Film Festival. Ambientato in Cile negli anni '60, il suo ultimo film ha tra i protagonisti Daniel Brühl e Bérénice Bejo


Tra gli ospiti del prossimo Umbria Film Festival, in programma a Montone dal 10 al 14 luglio, c’è anche Lone Scherfig, regista di film acclamati come An Education, One Day e L’ora più bella. La cineasta danese presenterà al pubblico il suo ultimo film The Movie Teller, che sta proseguendo il suo prestigioso percorso festivaliero dopo Toronto, Milwaukee e Bari.

Tratto dal romanzo di Hernàn Rivera Letelier, il film con Daniel Brühl e Bérénice Bejo, è ambientato negli anni ’60 in una cittadina mineraria del deserto dell’Atacama in Cile. Un luogo arido in cui la famiglia della piccola Maria Margarita vive tra mille difficoltà, alimentata dai sogni su pellicola che vengono proiettati ogni domenica al cinema. Quando i suoi genitori non potranno più permettersi di comprare i biglietti a tutti, Maria Margarita diventerà la “Movie Teller”, andando a vedere da sola le pellicole e raccontandole nei minimi dettagli agli altri componenti della famiglia. Il talento di raccontatrice di film di Maria Margarita sarà così grande che presto le sue performance si apriranno alla comunità, trasformandola in una vera e propria diva locale. Ma la passione per il cinema e per l’arte hanno anche una controparte fatta di frustrazione e delusioni: la sa bene la bellissima Maria Magnolia, la madre famiglia, che ne resterà segnata.

Lone Scherfig, ha letto prima la sceneggiatura o il romanzo di The Movie Teller? Cosa ha provato?

Ho letto prima la sceneggiatura e ho subito capito quanto questa storia fosse connessa con me anche se era ambientata dall’altra parte del mondo. Era così cinematografica. Poi quando ho letto il libro ho capito che poteva funzionare ancora meglio sul grande schermo.

È molto bello come nel film i personaggi vengano introdotti specificando i rispettivi gusti cinematografici. Ogni componente della famiglia ha il proprio genere a rappresentarlo. Lei che spettatrice era da bambina?

Alcuni dei film che vedi nel film fanno parte della mia infanzia, perché avevo la stessa età di Maria Margarita. Allo stesso tempo, erano film abbastanza importanti da essere proiettati in una cittadina così piccola, in questo ci sono certi parallelismi con Nuovo Cinema Paradiso. Il film è un tributo al cinema e credo che Montone sia un luogo ideale per proiettarlo: è così naturale che il film venga proiettato là, io ho già avuto diversi film che sono stati proiettati a Montone, credo sei, perciò sono grata che The Movie Teller sia parte del programma.

La “luce” di un artista – il suo talento e la sua passione – è più una benedizione o una maledizione?

Il problema per Maria Magnolia (interpretata da Bérénice Bejo ndr.) è che il suo desiderio di cinema, la sua voglia di apparire sul grande schermo è più grande del suo talento. Lei abbandona tutto per diventare un’attrice, ma volerlo così disperatamente non è abbastanza. La prima volta che la vediamo al cinema, la camera cerca di seguirla e puoi sentire il suono del suo stupore. Puoi capire quanto il cinema sia una cosa negativa per lei tanto quanto sia una cosa positiva per tutti gli altri. Le fa male perché riflette quanto la vita sia difficile. Quindi desiderare di diventare un’attrice non è abbastanza. Tristemente. Sarebbe molto più giusto se il talento appartenesse solo alle persone che hanno una vera passione. Ma questa è anche una storia su quanto l’amore per l’arte possa essere velenoso.

Una delle frasi più belle detta dalla protagonista del film è: “siamo fatti della stessa sostanza dei film”.

Maria Margarita non è come tutti gli altri. Lei è totalmente connessa alla narrazione. Può entrare ed uscire dai fatti e dalla finzione, e questa cosa la salva. Lei ha un’enorme propensione e amore per il cinema, ma non è qualcosa che riguarda solo se stessa. Il suo interesse per il cinema non è legato alla recitazione o alla vanità, all’apparire bellissima. Lei è ossessionata dal cinema e vuole condividerlo con le persone che la circondano. C’era un finale diverso del film, in cui lei diventava una guida turistica. Ma ho pensato che lei dovesse rimanere nelle difficoltà, perché per me questa è una storia madre-figlia. Ho cercato di raccontare come questa famiglia disfunzionale rispecchi un paese disfunzionale. C’è molta simmetria nel film, piccole cose che appaiono all’inizio del film che poi ritornano nella seconda parte.

Cosa ha imparato sul Cile da questa esperienza?

Ho imparato molto dell’epoca di Pinochet, in cui i giovani non potevano uscire la sera. C’era questa paura in tutte le famiglie, per cui adesso le persone si prendono tantissima cura della famiglia, trattano i loro bambini in maniera così gentile, che i bambini diventano gentili a loro volta. La cosa più triste per me è stata dovere dire addio ai bambini in Cile. Ho imparato tanto riguardo all’umiltà, alla modestia. Se sei in un Paese in cui c’è stata una dittatura così di recente, è una cosa rilevante, da cui il resto del mondo può imparare. Erano cose che sapevo anche quando era bambina, ovviamente, ma essere in quel mondo, girare nei luoghi reali in cui il romanzo è ambientato, è completamente diverso.

Il cast di questo film è un perfetto mix tra attori popolari e giovani talenti. Come ci avete lavorato?

Gli attori europei facevano già parte del progetto. Potevamo scegliere tutti attori Sudamericani ad eccezione del ruolo di Daniel Bruhl – nel romanzo era danese, ma noi lo abbiamo reso tedesco – Antonio de la Torre, che è un popolare attore spagnolo, e Berenice Bejo che è francese ma per metà argentina. Loro facevano parte del progetto per permettere di avvicinarlo al pubblico europeo. Per i bambini ho cercato attori che avessero già avuto delle piccole esperienze. Avevano tutti già recitato in piccoli ruoli, perché era molto difficile chiedere loro di andare via da casa e vivere nel deserto per mesi. Era importante che avessero già provato a recitare e sapessero che gli piaceva farlo. Ho deciso anche che non era importante che la famiglia non sembrasse una vera famiglia. In Cile ci sono così tante nazionalità: asiatici, italiani, tedeschi, ovviamente ispanici, quindi è normale avere famiglie i cui componenti non si assomigliano, e questo è stato utile. È stato bellissimo perché in Cile, i bambini sono trattati benissimo ed è facile lavorare con loro, parlano inglese molto bene.

Mancano pochi giorni al 15 luglio quindi non posso non chiedere cosa ne pensa delle nuova versione televisiva di One Day, uno dei suoi film più popolari?

Mi piace molto il cast della versione televisiva. Credo che sia problematico per noi filmmaker che tantissimi film vengano finanziati solo se hai la cosiddetta proprietà intellettuale. È molto difficile produrre film originali. Deve essere tratto da un libro o il remake di un altro film. È una strozzatura che coinvolge tutti i film originali, a meno che tu non ti chiami Yorgos Lanthimos o Paolo Sorrentino. È credo che sia davvero una vergogna. Credo che One Day sia un’opera senza tempo, ma ogni tanto si potrebbe anche fare qualcosa di nuovo.

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