Passato, presente, futuro e le regole del tempo. Lola – sezione Freestyle della Festa – è una favola in bianco e nero in cui il potere delle immagini, dunque il cinema, si presenta e conferma magnifico strumento per schiudere gli occhi su mondi sconosciuti.
“L’idea di Lola è venuta da un precedente corto su un tema simile, ma l’idea non è quella di viaggiare nel futuro ma di vedere cosa ci sia nel futuro, perché mi interessa la cultura del futuro”, spiega Andrew Legge, alla sua opera prima (lungometraggio).
Lola – film irlandese – ci porta nell’Inghilterra del ’41 e nell’universo del found footage, con Thom (Emma Appleton) e Mars (Stefanie Martini), sorelle che inventano un apparecchio – Lola il suo nome, come la loro mamma scomparsa – capace di intercettare onde radio dal tempo che deve ancora venire. Un film di fantascienza a suo modo, che però diviene anche thriller e storico quando, nell’imminenza della Seconda Guerra Mondiale, Lola non si connette più/solo con il rock’n’roll o con le musiche di David Bowie e Bob Dylan, ma le sorelle la usano come arma di spionaggio: insomma, Thom e Mars, entusiaste e leggere tra punk e glam rock, decidono però che Lola debba essere impiegata per impedire che il Terzo Reich imponga tragicamente le proprie regole, mettendo così a disposizione dell’intelligence britannica informazioni capaci di contrastare gli attacchi tedeschi. Così, la vera arma di questa guerra diventa Lola e Legge, con questa storia, fa anche un’operazione di manipolazione della Storia: differentemente dai fatti reali, migliaia di esistenze non sono annullate e nulla sembra mettersi contro una vittoria ineluttabile.
“La sceneggiatura era ambiziosa e ampia ma avevamo un budget limitato, così ho cominciato ad andarmi a guardare materiale d’archivio utile alle scene da me scritte, non sempre trovando quello che mi interessava, ma che era altrettanto interessante: una macchina che funzionava al contrario, per cui poi procedevo ri-scrivendo, insomma un mosaico; la difficoltà, poi, è stata al montaggio, quando spesso c’erano dei buchi per cui tornavo a consultare l’archivio, e così ho proceduto fino alla fine, sistemando il film in base a quello che avevo trovato e ri-scritto”, racconta il regista.
Legge continua specificando che la cultura del futuro che ha scelto, quella della “musica degli Anni ‘60 e ‘70 rende il più possibile plausibile la storia, seppur ci sia poco di plausibile in una macchina che mostra il futuro: la ragione più rilevante è che la musica degli Anni ’60, di Bowie o di Dylan, è iconica. Se penso a quella di oggi: chi è una figura iconica?”.
Il gioco di andirivieni nel tempo, necessariamente riflesso con immagini che – differenti nella loro sostanza – lo raccontano, si fa abile nel montaggio, disinvolto e accattivante: Lola è un mockumentary, tra commedia distopica, perché il tono del racconto si fa portare anche dall’umorismo, e spy drama. “Se comunque uno va a guardare la Fantascienza, è un genere che senza humor può essere serio, mentre io volevo anche ci fosse della leggerezza e poi mi piace mescolare i generi; ho cercato a esplorare, ho avuto molta libertà di sperimentare e, a posteriori, avrei dovuto forse farlo di più” continua Legge, cresciuto con “i film di Spielberg come E.T. o anche con Indiana Jones, Ritorno al futuro o ancora Fargo, inoltre mi piacciono molto anche i film muti”.
La magia del cinema qui ci mostra come basti sostituire un fotogramma per cambiare la trama di una “storia”; il cinema è capace di metterci dinnanzi agli occhi mondi e verità alternative che possono anche stimolare o sconvolgere, svelando il tema della verità.
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