Festival un po’ sottotono – in calo del 4% anche gli spettatori, forse per la pioggia – ma finale avvincente. In Piazza Grande con Azzurro che lava i panni sporchi dell’emigrazione italiana in Svizzera – ma da noi non ha ancora una distribuzione nonostante Gherardo Pagliei, coproduttore del film – e che ha dato l’occasione per un Pardo alla carriera al nostro Fantozzi. Qui soprannominato il Villaggio globale ed eletto “peso massimo del cinema”.
In più, l’Italia torna a vincere forte a diciotto anni da Quartetto Basileus. Il premio speciale della giuria (10.000 franchi al film che meglio interpreta lo spirito di comunicazione tra popoli e culture) va a Gostanza da Libbiano. Felice Paolo Benvenuti e felicissimo Alessandro D’Alatri. La sua esperienza in giuria, racconta, è stata decisiva: “Adesso sarà dura per me, perché mi è venuta voglia di fare un cinema libero da condizionamenti di mercato, un cinema necessario come quello di Paolo, purtroppo poco noto in Italia, e di tanti autori che questo festival, molto più coraggioso di Venezia, mi ha permesso di conoscere. Compreso il cinese Wang Shuo. Quel film mi ha sconvolto, ho pensato che doveva assolutamente essere visto da platee più vaste. Spero che il Pardo d’oro che gli abbiamo dato serva anche a questo”.
Pardo contestatissimo, quello a Baba (come pure l’argento a Manila di Karmakar) ma anche in qualche modo annunciato: il film cinese scongelato dopo quattro anni si è visto a sorpresa, con un certo clamore, e nell’unica copia esistente al mondo. E il premio è sembrato la dimostrazione di un teorema Müller o magari un regalo di addio.
Già, perché il direttore proprio appena dopo l’annuncio del palmarès alla stampa ha reso pubbliche quelle dimissioni di cui tutti parlavano da giorni, ma che aveva continuato fino all’ultimo, testardamente, a smentire. Addio a Locarno, dopo nove anni passati a farne “non l’imitazione di Venezia, Cannes o Berlino, ma un festival che ha rifiutato l’idea di festival come vetrina, che ha cercato un senso oltre la somma algebrica dei singoli film, che si è battuto contro la censura politica e la censura del mercato”.
Müller, ha precisato un membro del comitato direttivo del festival che ha un mese di tempo per nominare i successori, ha deciso immediatamente dopo la morte di Buffi ma ha tenuto la barra fino alla fine. Applausi, commozione contenuta, un toto-direttore che scatta inevitabile.
Si fa con insistenza il nome di De Hadeln, il cui successore a Berlino è stato nominato all’inizio di luglio. De Hadeln resterà in carica sino alla conclusione della 51° edizione della Berlnale, che si concluderà il 18 febbraio 2001. Una direzione affidata a lui darebbe un’impronta germanofona alla manifestazione, molto gradita al governo di Berna.
Mentre è chiaro che Marco Müller passa alla produzione a tempo pieno, con la fondazione MonteCinemaVerità e Fabrica. “Finalmente farò il festival dei film sognati e ancora non realizzati e magari ne porterò uno in Piazza Grande”, dice. Primi progetti con autori di paesi usciti dalla guerra. Vietnam, Bosnia… Da lunedì.
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