È partito Locarno 2000, sotto una pioggia autunnale e con le bandiere a mezz’asta per la morte, praticamente alla vigilia, del nuovo presidente Giuseppe Buffi. Grandi tabelloni, in giro per la città, ricordano che il festival è dedicato a lui, anche se ha fatto a tempo a lavorarci appena pochi mesi, mentre cocktail e feste sono stati cancellati per lutto.
Eppure l’inaugurazione in Piazza Grande, col maltempo che ha fatto la grazia a Marco Müller e soci almeno per qualche ora, aveva tutte le premesse per essere memorabile: l’ultraspettacolare X-men, il fumettone sull’America mutante e adolescente che ha sfondato i botteghini dell’estate negli Usa (come Batman più Superman più una nota d’impegno alla Edward mani di forbice e una discreta vena di sensualità nelle coreografie degli scontri tra supereroi con vista ai raggi X o occhi che provocano tempeste) sarebbe degno di Venezia o di Cannes. Piace ai fanatici della Marvel e ai maniaci degli effetti speciali, ma può intrigare anche i politologi con quei riferimenti a nazismi e totalitarismi che il regista Bryan Singer, singolare figura di giovane ebreo americano dichiaratamente affascinato dall’antisemitismo, ha sparso in giro per il film, tra l’antefatto in un lager dove il futuro Ian McKellen ancora bambino scopre i suoi superpoteri – piega i metalli col pensiero – e il finale sotto la statua della Libertà con i vertici dell’Onu che stanno per essere investiti da onde elettromagnetiche deviate peggio dei servizi segreti.
Poi, via, tutti vogliono vedere lo scandalo annunciato. Baise-moi, il quasi-porno femminile (forse femminista) che ha offeso la Francia ma circolerà tranquillo in Svizzera (dove la censura non esiste più affatto, almeno nei cantoni romandi) e che in Italia verrà distribuito dalla Làntia di Beppe Attene e Leo Pescarolo. Un film elementare, che parte come un’indagine sociologica sul degrado e finisce in un Thelma & Louise (o Bonnie & Clyde o, volendo, Butterfly Kiss) per niente patitato passando per penetrazioni ed eiaculazioni mai fuori campo. L’hard è ormai notoriamente l’ultima frontiera del cinema d’autore, come hanno dimostrato, a ben altri livelli, i film di Bruno Dumont o il coreano Lies. Ma in questo caso lo scenario è sessuofobico e angusto – ancor più che nel cugino Romance di Catherine Breillat – e quello che viene fuori è soprattutto il disprezzo per i maschi delle due autrici, Virginie Despentes (autrice del libro da cui è tratto, pari pari, il film) e Coralie Trinh Thi (attrice anche porno, una specie di consulente sul campo, che condivide con Virginie, “la visione guerriera di un femminismo aavanguardista e un inequivocabile gusto per la provocazione”: che consiste nel non frammentare l’inquadratura come nei porno maschili).
E gli italiani? C’erano intanto Yervant Gianikian e Angela Ricci Lucchi con il loroInventario balcanico. Prodotto dalla Biennale di Venezia in occasione della bella retrospettiva 1999, “La meticcia di fuoco”, è, dicono gli autori – milanesi, raffinati collezionisti di immagini e straordinari scopritori di reperti filmici – la reazione alla “accumulazione delle immagini della catastrofe umana e ambientale provenienti dalla ex Jugoslavia che ci spingevano a cercare materiali ed immagini, testimonianze che recuperassero valori vitali preesistenti che non potevano non esservi, registrazioni della vita così com’era, materiali per un film che celebri la vita prima dei conflitti e delle divisioni”. L’Inventario si replica il 4 e il 5: ne riparleremo. Mentre domenica (alle 18.30 all’Hotel Palma) Italia Cinema ha in programma un incontro con tutti gli italiani al festival – c’è anche Alessandro D’Alatri, in giuria – e con ospiti a sorpresa. Ne riparleremo.
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