VENEZIA – “Tutti i film sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri”. Così il presidente della giuria di Venezia 73 Sam Mendes, con una citazione un po’ criptica da Orwell che può voler dire tutto e il contrario di tutto, introduce un verdetto che sembra frutto di complessi equilibri. Ma al di là di alcune scelte discutibili, sui premi principali non c’è da eccepire. Lav Diaz, uno dei cineasti più originali del panorama contemporaneo, arriva dritto al Leone d’oro col suo The Woman Who Left, 226 minuti in bianco e nero, lunghi piani sequenza di impeccabile composizione visiva, per raccontare la vendetta di una donna detenuta ingiustamente per trent’anni. Magari non si vedrà in sala (al momento non ha un distributore) ma il massimo premio veneziano può e deve contribuire a far sì che questo tipo di cinema, tanto necessario, continui ad avere diritto di cittadinanza e magari, come sperano i giurati, “scuotere” il pubblico. Del resto il cineasta, già beniamino di grandi festival come Locarno e Berlino, si considera un autore popolare e dedica il riconoscimento proprio al popolo filippino, “alla sua lotta e alla lotta dell’umanità”. Il Gran Premio della Giuria va a Nocturnal Animals di Tom Ford, che al suo secondo film – con il primo vinse la Coppa Volpi – vede confermato il suo indubbio talento. Del film sentiremo sicuramente parlare agli Oscar, intanto lo stilista fa scuola per un ringraziamento in italiano, annotato su un foglietto, in cui racconta che l’Italia è la sua seconda patria “qui ho passato alcuni dei migliori anni della mia vita”.
Un po’ di confusione (e forse il segno dei compromessi necessari a comporre il palmarès) per il Leone d’argento diviso tra due film talmente opposti da risultare inconciliabili: Paradise di Andrei Konchalovsky, raffinato film da camera sull’Olocausto in bianco e nero, e l’anodino La region salvaje del messicano Amat Escalante, horror erotico-bestiale in stile Possession e l’autore rivela che “la creatura non era una piovra”, mentre il maestro russo dedica il premio “alla memoria dei figli della grande patria russa che si sono sacrificati per salvare i bambini ebrei”.
Se l’Italia, come era previsto, è totalmente ignorata dai premi ufficiali del concorso, una bella affermazione è quella di Liberami di Federica Di Giacomo, che ottiene il primo premio di Orizzonti (miglior film) con il suo documentario non privo di ironia sull’esorcismo: “sulla carta sembrava impossibile, non so se è stato il diavolo o la provvidenza ad aiutarmi”. Sulla selezione nostrana ci sarà da riflettere e discutere, intanto Paolo Del Brocco fa i complimenti a Barbera per “un festival in crescita fondamentale per l’industria italiana e internazionale”. Del Brocco, in qualità di distributore, ha ritirato la Coppa Volpi vinta da Emma Stone per La La Land di Damien Chazelle, il musical pop molto applaudito in apertura della Mostra. L’attrice però non ha fatto in tempo a tornare al Lido da Toronto e ha mandato un video-messaggio. “E’ veramente bello ricevere questo premio. spero che non sia uno scherzo dei miei colleghi… Non riesco ad immaginare un posto migliore di Venezia per la premiere di La La Land. È una città stupenda, gli italiani sono straordinari e ci siamo divertiti moltissimo. È un’esperienza che non dimenticherò mai e ringrazio Ryan Gosling per aver reso così piacevole dividere con lui il set e il regista Chazelle per avermi scelto per questo ruolo così bello”.
Coppa Volpi maschile all’istrionico argentino Oscar Martinez, protagonista assoluto di El ciudadano ilustre, uno dei film migliori del festival, commedia satirica con risvolti drammatici di Mariano Cohn e Gastón Duprat. Martinez ricorda un po’ il suo personaggio, l’anticonformista scrittore Daniel Mantovani, quando poggia la preziosa Coppa a terra prima di ringraziare: “Si può fare?”, chiede scherzando. E poi più seriamente: “Il premio mi emoziona non solo per il prestigio della Mostra ma perché arriva dall’Italia che per una magica costellazione di creatori geniali ha prodotto il miglior cinema del XX secolo”.
Uno dei favoriti della viglia, Jackie, si deve accontentare di un premio alla sceneggiatura andato a Noah Oppenheim, un premio a dir poco curioso visto che il film è stato “riscritto” e reinventato sul set da Pablo Larrain. Laurie Anderson premia personalmente il suo beniamino, il distopico e cannibalico The Bad Batch, spiaciuto a molti. La regista Ana Lily Amirpour, vestita quasi come l’eroina del suo film, fa il discorso più breve e strampalato, condito di “shit” e “find the dream”, e definisce il premio “psichedelico”. Premio Marcello Mastroianni alla giovane tedesca Paula Beer di Frantz, anche se il bel film di Francois Ozon (anche questo in bianco e nero, era decisamente una delle tendenze di quest’anno) avrebbe meritato di più. Da segnalare anche il Leone del futuro a The Last of Us del tunisino Ala Eddine Slim, opera prima proposta dalla Settimana della critica. “Contro la cecità dominante degli Stati e per la libertà degli uomini e delle donne, non c’è che un solo territorio possibile: quello dell’immaginazione, dove le frontiere non esistono più”, dice il giovane regista tunisino. Tra gli esclusi Une vie di Stéphane Brize, versione contemporanea e sorprendente di un romanzo di Maupassant.
La giuria di studenti di Venezia Classici guidati da Roberto Andò ha premiato come miglior documentario sul cinema Le concours di Claire Simone, una full immersion nella scuola di cinema Le Fémis a Parigi. Il miglior restauro è stato giudicato quello di Break Up – L’uomo dei cinque palloni di Marco Ferreri, realizzato dalla Cineteca di Bologna in collaborazione con il Museo nazionale del cinema di Torino. “Un film mai visto”, come l’ha definito Gianluca Farinelli, auspicando che la Rai sia più presente nel raccontare la storia del cinema italiano e mostrare queste opere.
Sarà Microcinema a distribuire nelle sale italiane il film Leone d'Oro 2016, The woman who left, nuovo capolavoro di Lav Diaz. La pellicola, che nonostante il massimo riconoscimento al Lido non aveva ancora distribuzione e che si temeva restasse appannaggio soltanto dei cinefili che l'hanno apprezzata alla 73esima Mostra di Venezia, sarà quindi visibile a tutti, permettendo così agli spettatori del nostro Paese di ammirare per la prima volta un'opera del maestro filippino sul grande schermo
Il film di Denis Villeneuve segnalato dalla giuria di critici e giornalisti come il migliore per l'uso degli effetti speciali. Una menzione è andata a Voyage of Time di Terrence Malick per l'uso del digitale originale e privo di referenti
Il direttore della Mostra commenta i premi della 73ma edizione. In una stagione non felice per il cinema italiano, si conferma la vitalità del documentario con il premio di Orizzonti a Liberami. E sulla durata monstre del Leone d'oro The Woman Who Left: "Vorrà dire che si andrà a cercare il suo pubblico sulle piattaforme tv"
Anche se l’Italia è rimasta a bocca asciutta in termini di premi ‘grossi’, portiamo a casa con soddisfazione il premio Orizzonti a Liberami di Federica Di Giacomo, curiosa indagine antropologica sugli esorcismi nel Sud Italia. Qualcuno ha chiesto al presidente Guédiguian se per caso il fatto di non conoscere l’italiano e non aver colto tutte le sfumature grottesche del film possa aver influenzato il giudizio finale: “Ma io lo parlo l’italiano – risponde il Presidente, in italiano, e poi continua, nella sua lingua – il film è un’allegoria di quello che succede nella nostra società". Mentre su Lav Diaz dice Sam Mendes: "non abbiamo pensato alla distribuzione, solo al film. Speriamo che premiarlo contribuisca a incoraggiare il pubblico"