CANNES – Insieme a Sorrentino e Golino, Roberto Minervini, fuori concorso con Stop the pounding heart, rappresenta l’Italia sulla Croisette. Ma, come già nei precedenti The Passage e Low Tide – visto a Venezia 69 nella sezione Orizzonti – l’oggetto del suo interesse è bel lontano dal nostro paese. “I tre film – spiega il regista, formatosi alla New York University – sono la base di ciò che chiamo ‘trilogia del Texas’. The Passage è un road movie, esplorazione del paese dal punto di vista di una malata terminale. Nella ricerca di un guaritore, passa dei giorni presso una famiglia di allevatori di pecore, che è la stessa protagonista di questo film. Il cowboy che cavalca i tori in Stop the pounding heart appariva in Low Tide, che è la storia di un ragazzo emarginato e del mondo che si costruisce per sopravvivere. Un film incentrato particolarmente sulla solitudine, anche se i medesimi temi continuano a dispiegarsi per tutta la trilogia”.
In Stop… l’occhio di Minervini si concentra su Sara, la giovane figlia degli allevatori di cui sopra. E’ cresciuta nella fattoria e i suoi genitori le fanno da insegnanti, seguendo rigorosamente i precetti della Bibbia. Come le sue sorelle, Sara è indottrinata per diventare una moglie devota e sottomessa, e per tenere assolutamente intatta l’integrità delle sue emozioni e del suo corpo fino al matrimonio. Ma quando Sara incontra Colby, un giovane ‘bull rider’, cade in una profonda crisi, mettendo in discussione l’unica modalità di vita che fino ad allora abbia mai conosciuto. Con uno stile semi-documentaristico, Minervini traccia le linee di un ritratto dell’America contemporanea e delle comunità isolate che punteggiano il suo paesaggio, esplorando i temi dell’adolescenza, della famiglia, dei ruoli sessuali, dei valori sociali e della religione nell’America rurale del Sud.
“Lavoro esclusivamente con persone reali – continua l’autore – non uso attori nel senso tradizionale del termine. Allo stesso tempo, gestisco il fluire della storia, così si può dire che la mano del regista è ben presente. Il mio impegno con queste comunità è un’esperienza molto intima, e richiede tantissima fiducia reciproca. Ho chiesto loro di aprirmi le loro vite, e io dovevo ritrarle in pubblico in modo adeguato. Il mio lavoro è anche di far sentire questa gente a proprio agio di fronte alla telecamera. La mia crew è formata da sole cinque persone, niente luci artificiali, e sempre ‘buona la prima’”.
Lo ‘sguardo straniero’ di Minervini ci regala la visione di un’America diversa da quella che il nostro paese si è abituato a sognare nel corso degli anni. Insomma, Italia più America non significa solo ‘Spaghetti western’: “Trovo che il Texas sia un posto unico – conclude – pieno di carattere. Le persone sono fieramente indipendenti ed estremamente orgogliose, la cultura e le tradizioni del Sud sono ferme e radicate. Come osservatore esterno, mi sforzo di distinguere la cultura delle pistole e dei cowboy da quella delle varie comunità spirituali. Anche se è uno stato grande con molte aree metropolitane, il suo cuore è composto da una miriade di piccoli villaggi, quasi irrilevanti dal punto di vista topografico, ma molto ricchi da quello antropologico”.
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