Si parla di adolescenza ad Alice nella Città con la commedia francese Lol, Tempo delle mele in chiave moderna con Sophie Marceau, questa volta nei panni di una madre alle prese con la figlia adolescente. In un mondo fatto di Ipod e chat la quindicenne Lola, detta Lol, vive le prime esperienze sentimentali, condite di droghe leggere e feste clandestine con gli amici. Anne, mamma liberale e amichevole, dopo una relazione con l’ex marito vive una nuova storia d’amore, ma quando “per caso” legge il diario della figlia va in crisi perché si rende conto di non conoscerla abbastanza. “E’ stato emozionante per me lavorare con Sophie Marceau” – ha ammesso la giovane attrice Christa Theret (Lola) – “all’inizio ero come paralizzata di fronte a lei, ma ho scoperto che è un’attrice molto generosa capace di aiutare e mettere a proprio agio chi le sta intorno”. E gli adulti del film sono spesso genitori divorziati e ampiamente sottomessi. Ne parliamo con la regista Lisa Azuelos, a Roma per presentare il film.
Una pellicola con la Marceau e gli amori adolescenziali porta alla mente subito le pellicole anni ’80 dirette da Pinoteau. E’ una cosa voluta?
Sì, ho pensato al film come una sorta di continuazione del Tempo delle Mele. Mi sono ispirata a Sophie fin dall’inizio per delineare il personaggio della mamma chiedendomi che tipo di genitore potesse essere diventata la Vic che aveva interpretato da ragazzina. Ho naturalmente cambiato delle cose come l’età dei protagonisti, che sono più grandi e hanno tra i quindici e i sedici anni, e il modo di vivere la sessualità: prima si aspettava il primo bacio ora si aspetta la prima volta e l’ingresso nel mondo degli adulti.
Sono davvero tanto diversi gli adolescenti degli anni ottanta e quelli di oggi?
No, in realtà non credo ci siano tutte queste differenze. I ragazzi di oggi inseguono le stesse cose: l’amore, i rapporti positivi con la famiglia, l’approvazione del gruppo di amici. Sono cambiati però gli strumenti di comunicazione con la diffusione di Internet, dei telefonini e delle chat che hanno creato una generazione in qualche modo più assente dalla realtà, tutta presa da contatti virtuali. Ero interessata ad esplorare questo nuovo aspetto.
Il personaggio di Sophie, Anne, è una donna moderna e di larghe vedute alle prese col senso di responsabilità e dovere nei confronti dei figli.
Tra tutti i genitori lei è quella che ha un atteggiamento di maggior dialogo con la figlia, salvo poi scoprire, leggendo il suo diario, che in realtà non conosce bene chi è. Dopo aver lottato da ragazza in difesa dei valori di libertà, non sa come affrontare la figlia adolescente. Si sente quindi maggiormente tradita rispetto agli altri genitori tradizionali e va in crisi più di loro. Ma il legame forte che ha instaurato con la figlia, fatto anche di tante cose non dette, fa sì che ogni tensione venga poi superata.
C’è un parallelismo tra le vicende che vivono madre e figlia, una sorta di doppia adolescenza?
Ad essere veramente cambiati ai giorni nostri sono gli adulti, sempre più spesso alle prese con divorzi e messa in gioco dei vecchi valori. Anne è una madre separata che si trova ad affrontare un nuovo amore, il primo dopo il matrimonio, e vive quindi una specie di rinnovata adolescenza fatta di scoperte e nuove emozioni.
Che ricerche ha fatto per avvicinarsi al mondo dei ragazzi?
Ho riguardato con interesse tutte le commedie francesi degli anni ottanta legati a questo tema e ho visto anche Juno e American Pie. Non volevo fare un film su problemi come droga, razzismo o vita in periferia, stavo piuttosto cercando l’ispirazione per qualcosa di leggero che parlasse solo di adolescenza al giorno d’oggi. Mi sono anche confrontata a lungo con i ragazzi interpreti del film, che mi hanno aiutata perfino a svecchiare il copione: c’erano spesso espressioni gergali che loro non usavano più.
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