LINO CAPOLICCHIO


“Padre crudele per tutta la vita sono stata un’orfana. E’ questa la malattia che mi uccide”. Sono le ultime parole del Diario di Matilde Manzoni, secondo lungometraggio di Lino Capolicchio, interprete di Il giardino dei Finzi Contini e di molte pellicole di Pupi Avati.
L’ambizioso melodramma in costume che, dichiara il regista, si rifà allo stile di Senso di Luchino Visconti, mette in scena il martirio di Matilde nel nome del padre, quell’Alessandro Manzoni tanto impeccabile di penna quanto cinico e incapace nei rapporti familiari.
Ad interpretare la giovane dal volto emaciato e sofferente, perennemente frustata dall’indifferenza paterna e dai rapporti con gli uomini, è l’esordiente Ludovica Andò.
Al suo fianco, nei panni degli angeli protettori, Lea K. Gramsdorff nel ruolo di Vittoria, sorella maggiore e moglie felice dell’intellettuale patriota Bista Giorgini (Alessio Boni), e Corinne Clery che interpreta la zia Tante Louise, sposa trascurata di Massimo D’Azeglio (Lino Capolicchio).
Girato nel 2000 e costato 5 miliardi di vecchie lire, il film sarà presentato in anteprima il 26 settembre al cinema Quattro Fontane di Roma per poi uscire al Lucky Blu.
A spiegare le difficoltà di distribuzione è la produttrice, nonché co-sceneggiatrice, Caterina Rogani che attacca: “Il film esce in ritardo a causa delle promesse mancate dei distributori. Oggi il successo delle pellicole non è determinato dalla critica né dal pubblico ma dagli esercenti: una vera e propria lobby. Ma non mi arrendo, tenterò la strada della distribuzione alternativa.”
Stessi toni polemici per Capolicchio che spara a zero contro un “cinema italiano in via d’estinzione. Ormai rifiuto tutte le offerte. La mia agente è disperata”.

Come è nata l’idea di “Diario di Matilde Manzoni”?
Nel 1982 ho letto La famiglia Manzoni di Natalia Ginzburg e più tardi Diario di Matilde Manzoni di Cesare Garboli. Qui emerge la storia di una ragazza che viveva in una Toscana in cui non succede mai nulla, lontana da un padre indifferente al suo destino. In questa scelta Manzoni è stato forse influenzato dalla seconda moglie (interpretata da Laura Betti ndr), colei che gli ha fatto conoscere l’amore sensuale. Si è ricordato della figlia solo quando è morta e ha redatto un epitaffio in perfetto italiano. Il grande scrittore italiano era in realtà una persona umanamente ignobile. Nel film c’è qualche elemento autobiografico: anch’io ho avuto un pessimo rapporto con mio padre.

Manzoni si vede appena nella pellicola. Perché?
la sua assenza dalla scena corrisponde a quella dalla vita della figlia. Poi l’autore de I promessi sposi è un personaggio troppo noto, difficile da rappresentare senza cadere nella macchietta.

Per interpretare Matilde ha scelto Ludovica Andò. Che cosa l’ha convinta di lei?
Prima di decidere ho fatto 6 mesi di provini a 800 attrici. Ludovica mi ha colpito perché un giorno, dopo una mia domanda, è arrossita. Dopo averle dato la parte le ho detto: ho già scoperto Francesca Neri, posso fare lo stesso con te.

Lei parla di un “cinema italiano in via d’estinzione”. Perché? Perché i giovani registi hanno dimenticato la lezione di Rossellini, De Sica, Zurlini e Petri che ci ha reso famosi in tutto il mondo. Sono imbevuti di estetica del videogame, non conoscono Lubitsch né Stronheim e tentano di coprire la loro mancanza di cultura cinematografica con inutili movimenti di macchina e un montaggio esasperato. Il mio è un film controrrente rispetto a questa tendenza.

Eppure non ha trovato una distribuzione…
Franco Brusati per far uscire Pane e cioccolata andò in America con la pizza sottobraccio. Io potrei fare lo stesso.

autore
13 Settembre 2002

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