“Peperoni ripieni e pesci in faccia è un grottesco familiare. Racconta storie agrodolci come il sapore dei peperoni”. Lina Wertmüller, prima donna nominata agli Oscar per la regia e la sceneggiatura originale nella storia degli Academy (era il 1976 e la pellicola era Pasqualino Settebellezze), racconta il suo nuovo film, che inaugura, in anteprima italiana, la 9a edizione di “Capri, Hollywood”, in programma dal 27 dicembre al 2 gennaio. Al centro della storia una donna, interpretata da Sophia Loren, a cui il tempo ha portato via i figli, divenuti grandi e ormai in giro per il mondo e, forse, anche la passione amorosa di suo marito, interpretato da F. Murray Abraham. “Il soggetto, di Umberto Marino, era arrivato nelle mani di Sophia – racconta la regista – che me lo ha girato. Maria nel soggetto originario era una casalinga repressa e molto malinconica ma il suo carattere, in corso d’opera, è molto cambiato facendosi più leggero”.
La pellicola, già ospitata a San Francisco per un’anteprima mondiale nell’ambito del Nice Festival, New Italian Cinema Events, è prodotta da Guglielmo Ariè per Solaris Cinema con il sostegno del Ministero dei Beni culturali.
Chi si prende a peperoni e a pesci in faccia?
La storia si svolge attorno a una cena a base di peperoni ripieni di alici, pan grattato e capperi alla quale partecipa la famiglia al completo, dalla nonna oltraottantenne, intepretata da Angela Pagano, al vecchio zio, Elio Pandolfi e figli vari, Emiliano Coltorti, Carolina Rosi e Maria Zulima Job. Accanto a Maria (Sophia Loren), una donna che ha dedicato tutta la sua vita alla sua famiglia, c’è il marito (F. Murray Abraham), un canadese ex giornalista politico che per amore di lei si è trasferito nella costiera amalfitana e si è messo a fare il pescatore rinunciando alle sue passioni. Il titolo è chiaramente provocatorio.
Il titolo provvisorio inizialmente era La casa dei gerani.
No, solo il soggetto aveva quel nome. Il titolo della sceneggiatura è diventato subito Troppo romantici, è l’ora dei peperoni ripieni che poi si è trasformato per l’edizione italiana in Peperoni ripieni e pesci in faccia. Ma il titolo della sceneggiatura è rimasto identico nella versione inglese: “Too much romance & it’s time for stuffed peppers“.
Il film è stato girato in inglese mantenendo i colori del sole e del mare mediterranei.
Abbiamo girato nella Penisola amalfitana, a Roma e a Madrid, in Spagna. In costiera abbiamo fatto la bellissima scoperta di un piccolo promontorio con una casa, un po’ diroccata tra le rocce.
E’ la quarta volta che sceglie la diva Sophia Loren per un suo film, fin da Fatti di sangue tra due uomini, si sospettano moventi politici…
Siamo amiche e lavoriamo molto volentieri insieme, ci divertiamo.
Qualche regista suo collega ultimamente ha detto che realizzare film in Italia è come andare alla guerra.
Chi l’ha detto?
Mario Monicelli, se non erro.
Il buon vecchio Mario ha sempre ragione. Il mio lavoro è più celebrato e apprezzato all’estero che in Italia. A Berlino per esempio hanno appena terminato una retrospettiva completa di tutti i miei film. La verità è che ho sempre lavorato per conto mio e mi sono trasformata in un cavallo selvaggio. Questo tipo d’indipendenza in questo Paese non piace ma non mi posso lamentare, ho una casa piena di premi e al Festival di Taormina qualsiasi straniero arrivi quasi sempre mi nomina. Soprattutto non ho mai voluto trasferirmi in quel meraviglioso inferno che è Hollywood.
Lei è ospite abituale al Nice di San Francisco. Qualche anno fa Francesca e Nunziata venne accolto con una lunga standing ovation.
Gli americani hanno amato il mio modo di rapportarmi con i problemi sociali, la politica e il grottesco. Oggi certo, esportare film si è trasformato in un gioco d’azzardo. Gli Stati Uniti hanno invaso il nostro Paese in modo totale. Le nostre sale sono al servizio del loro cinema. Tempo fa proposi di costruire un piccolo circuito di sale negli Stati Uniti dove venisse proiettato il cinema italiano, in grandi città come New York, San Francisco, Los Angeles, Chicago ma non fui ascoltata. Gli Stati Uniti hanno un mercato tendenzialmente chiuso. Si aprono proprio quando non lo possono evitare mentre noi italiani, pur avendo realizzato un grande cinema ci siamo rivelati dei pessimi venditori. Avevamo inventato Venezia e ci siamo fatti fregare dai francesi pure su quello.
Lei che è membro dell’Academy, come giudica la corsa all’Oscar di Le chiavi di casa di Gianni Amelio, un film che è stato già comprato per le sale Oltreoceano.
Mi è piaciuta la pellicola di Gianni Amelio.L’ho votata ai David di Donatello e nella corsa all’Oscar.
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