Liliana e il presidente


Per Liliana Cavani, David di Donatello alla carriera, “in Italia c’è stato l’orgoglio dell’automobile, mentre il cinema non ha avuto la stessa attenzione dal mondo della politica”. La regista di Portiere di notte è tra gli invitati dell’udienza del presidente della Repubblica che prelude alla consegna dello storico premio (domani pomeriggio in una cerimonia all’Auditorium della Conciliazione trasmessa in diretta da RaiMovie a partire dalle 17,30). Tutti i candidati vengono presentati a Giorgio Napolitano – tra questi i “migliori” registi Nanni Moretti e i fratelli Taviani, Marco Tullio Giordana, che ha riaperto il caso dell’attentato di Piazza Fontana e della morte dell’anarchico Pinelli, Emanuele Crialese con Terraferma, che ci ha rappresentato anche agli Oscar seppure invano, e Ferzan Ozpetek, ormai più italiano che turco. Ma spetta a lei, festeggiata per l’insieme della sua opera, prendere la parola. Lo fa in modo informale, senza seguire alla lettera il discorso scritto, con la grande libertà di pensiero che l’ha sempre caratterizzata. “Le industrie di cinema e tv tagliano gli investimenti, ma non realizzare i nostri racconti per comprarli all’estero, significa diventare marginali, lo dico a lei, presidente, perché tutti sappiamo che ha sempre amato il cinema e all’onore di questo incontro si unisce il valore della sua competenza”.

 

Napolitano le dà ragione. “E’ vero, è mancata l’attenzione della politica per il cinema, in altri momenti la politica è stata meno povera culturalmente. Mi prendo la mia quota di critica e condivido con altri i ringraziamenti di Liliana Cavani per la mia competenza. Viviamo in tempi di crisi, la politica e le società sono in affanno in tutta Europa. Ma le nostre prospettive future passano da una valorizzazione della cultura. Per uscire dalla crisi dobbiamo recuperare fiducia in noi stessi e la fiducia degli altri, il cinema può essere decisivo”. Ancora: “Stamattina tocchiamo con mano la vitalità e le energie del cinema italiano, vediamo come più che mai sia importante per un’industria il capitale umano, qui davanti a me ci sono diverse generazioni, questa è una garanzia per il nostro cinema e il nostro paese”. Naturalmente, tra le diverse generazioni, si sente particolarmente vicino ai Taviani. Proprio a Cesare deve morire spera che vada il David domani sera. Si tratta di un parere personale, espresso più tardi, a cerimonia conclusa. Quando il presidente spiega anche il senso complessivo delle sue parole: “Ci vuole un ripensamento, perché la cultura può fare da volano allo sviluppo economico”.

 

Il governo è rappresentato dal sottosegretario Roberto Cecchi, mentre il ministro Ornaghi è ad accogliere Benedetto XVI in visita all’Università Cattolica di Roma in occasione del 50° anniversario dell’istituzione della Facoltà di Medicina e Chirurgia. Ma la sua non sembra un’assenza polemica, come in passato era accaduto con Sandro Bondi, ministro molto contestato dal mondo del cinema e pronto a rispondere per le rime. “Non credo che l’attuale governo condivida il disprezzo per la cultura espresso da chi amava dire ‘con la cultura non si mangia’, non respiro disinteresse, ma certo non vorrei essere nei loro panni”, commenta Pierfrancesco Favino, candidato per Romanzo di una strage. E aggiunge: “Rendiamoci conto della situazione reale del paese, il calo di spettatori non è certo colpa del governo”. Aggiunge Elio Germano, nominato per Magnifica presenza, da sempre senza peli sulla lingua: “Mi interessano i fatti concreti, non i simboli. Se il ministro non c’è ma fa bene il suo lavoro, tutto va bene”. E Nanni Moretti, subito dopo l’ufficialità, si è defilato rapidamente.

 

Luci e ombre non sono mancate nel discorso del viceministro Cecchi: “La quota di mercato del cinema italiano è soddisfacente, seconda solo a quella del cinema francese in Francia, la nostra produzione è aumentata nel 2011. Film come Terraferma e Cesare deve morire hanno vinto premi nei festival internazionali, da Venezia a Berlino… Ma persistono criticità. C’è stata una contrazione del mercato nel 2011 e i primi quattro mesi del 2012 mostrano una riduzione ulteriore”. Ma per una volta la crisi del cinema è crisi globale.

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03 Maggio 2012

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