ASSISI – Viene conferita, durante la manifestazione Primo Piano sull’Autore, la cittadinanza onoraria a Liliana Cavani, che con la città umbra e in particolare con la figura del suo più illustre cittadino, San Francesco, è da sempre collegata. Cavani ha dedicato al Santo una trilogia di film dagli anni sessanta a oggi, e durante l’incontro che ha seguito la premiazione, i ricordi della lavorazione di quei film, e in particolare del primo, non sono mancati.
“Sono commossa di questo premio che è il più gradito della mia carriera – ha detto Cavani – soprattutto sono felice di diventare concittadina di Francesco Di Bernardone, che ho sempre visto come un inquieto sessantottino che come molti ragazzi oggi si trova di fronte al dilemma: ‘seguo le orme paterne, o faccio altro?’. Per capire la sua scelta io ho fatto tre film, tre romanzi di formazione, cercando di portare lui vicino a noi, ma in realtà ero io ad avvicinarmi a lui. E ho capito che Francesco è un uomo del domani, qualcuno che non va affrontato a ritroso, ma raggiunto, cercando di guardare in avanti. La mia ricerca allora sembrava trasgressiva, ma oggi il papa si chiama Francesco e può essere riletta in chiave più comprensiva e anche lecita. Quando ho iniziato, i testi erano pochi e di difficile reperimento. Fonti sparse, separate. Oggi non è più così. Ho sempre cercato di evitare le figure da Medio Evo, il santo che correndo sulle braci si brucia i piedi eccetera. Francesco non è una figura da Medio Evo. Francesco era quello che partiva per le Crociate, sì, ma per parlare di pace, in un’epoca in cui la Chiesa non parlava di pace, dunque non era molto ben visto. Anzi, volevano che tornasse a casa. Francesco aveva capito che tutta la natura è composta da diverse combinazioni degli stessi elementi. Noi, gli animali, il sole, la luna, perfino la morte. Aveva capito che la fratellanza è insita nel Creato”.
E allora qualcuno chiede, giustamente, perché non dedicare un film anche a Santa Chiara: “In realtà l’ho fatto – chiude Cavani – il terzo Francesco è 50% dedicato a lei. Fare un film su Chiara significa farlo anche su Francesco. Racconto lo sciopero della fame per ottenere il privilegio della povertà, anche se detta così sembra una comica. Ma lei non voleva un convento, non voleva fare la mantenuta. Del resto aveva lasciato una famiglia ricca. Una delle regole del francescanesimo è quella di vivere col proprio lavoro, e se avanza qualcosa, di condividerla. Solo gli infermi non lavorano. Attorno a temi come questo gira la questione francescana, e la divisione in vari ordini, che nel film accenno appena ma che è andata avanti nei secoli”.
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