Liliana Cavani


L. CavaniUna data istituzionale per una figura istituzionale. E’ fissato infatti per il 25 aprile, giornata in cui ricorre il 60°anniversario della liberazione dalla dittatura fascista, l’appuntamento con la prima puntata della fiction di Rai Uno De Gasperi. L’uomo della speranza interpretata da Fabrizio Gifuni, Sonia Bergamasco, Andrea Tidona (nel ruolo di Palmiro Togliatti) e Luigi Petrucci (Pietro Nenni). La messa in onda della seconda puntata dopo alterne decisioni è stata fissata a martedì 26 aprile. Un parto travagliato dopo una gestazione tutt’altro che facile visto che la miniserie in due puntate prodotta da Claudia Mori per la “Ciao Ragazzi” con la partecipazione dell’Ente Provincia di Trento, avrebbe dovuto essere pronta per l’anno scorso in occasione dei 50 anni dalla morte dello statista. Il ritardo è stato attribuito in larga parte alla diffidenza, poi rientrata, tra i vertici Rai nei confronti della regista Liliana Cavani.

 

A distanza di tempo e con questi nuovi disguidi per la messa in onda come vive la Cavani la vigilia della visione della sua fiction?
Le emozioni di quelle discussioni si sono spente, il tempo guarisce un po’ tutto. La Rai è un’azienda incredibile, io la conosco e le voglio anche bene. Ho cominciato in Rai vincendo uno di quei concorsi che ancora si potevano vincere. Ho avuto problemi anche con Bernabei per la messa in onda di Francesco. Direi che le battaglie e i no sono fisiologici in un’azienda come la Rai che risente di tutti i temporali e i rasserenamenti della vita politica del Paese. Negativa è invece la confusione creata con i tre cambiamenti della collocazione di questa fiction. Prima il martedì, poi il mercoledì, un messaggio più confuso di così non si poteva dare. Se un distributore cinematografico si fosse comportato in questo modo sarebbe stato un folle, uno che non vuole che il suo film venga visto.

De Gasperi“De Gasperi. L’uomo della speranza” è un ritratto appassionato di un grande statista.

Quando Claudia Mori mi ha proposto il progetto ho rifiutato. Non conoscevo a fondo la storia di De Gasperi. Lo mettevo nel gruppo dei democristiani e, venendo da altre origini, avrei preferito lasciar perdere. Poi sono stata coinvolta dalla lettura di “De Gasperi uomo solo”, una bella biografia scritta da Maria Romana, figlia di De Gasperi, che è poi stata consulente di grande efficacia per la realizzazione della fiction. Sono rimasta affascinata dal ragazzo che voleva studiare anche se non aveva i mezzi e voleva far politica perché credeva che anche i contadini e i cristiani dovevano far sentire la loro opinione.

Una fiction che parla di politica oltre che di un uomo politico?
Parla di un modo particolare di fare politica. Direi moderno nonostante risalga a più di 60 anni fa. Del ritratto di un uomo generoso rimane una politica intesa come arte umana fatta con intelligenza e con cuore. De Gasperi era religioso e laico allo stesso tempo con la coscienza a far da ponte tra la sua dottrina di fede e la sua convinzione democratica. I suoi primi passi in politica li ha fatti nel parlamento austriaco, un luogo multiculturale. Credo che lì abbia imparato che la politica è una cosa che riguarda tutti. In Italia ha governato in un periodo di caos politico. E’ stato l’uomo giusto al momento giusto. Ci vorrebbe anche oggi un uomo politico così.

Le frasi usate sono attribuibili interamente a De Gasperi vista la quantità di documenti e lettere utilizzate per la scrittura dei dialoghi?
Solo a grandi linee. Il concetto è rimasto lo stesso ma le parole sono state cambiate. Il linguaggio è molto cambiato rispetto a settant’anni fa. Oggi sarebbe risultato quasi incomprensibile oggi.

Fabrizio Gifuni sembra indossare con disinvoltura i panni di De Gasperi.
Uno dei meriti della fiction italiana è che non richiede dei Noschese. Si dà più importanza alla fisionomia interiore rispetto a quella esteriore. Credo che Gifuni abbia delle affinità elettive con De Gasperi. Per questo ha interpretato la parte così bene.

Ritornerà a lavorare per la Rai nonostante le battaglie e le confusioni?
Credo di si. Anzi Agostino Saccà mi ha appena proposto una docu-fiction. Vedremo di che si tratta.

autore
21 Aprile 2005

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