LIBERO DE RIENZO


Il David di Donatello l’ha vinto, per Santa Maradona, come miglior attore non protagonista accanto a Stefano Accorsi. E proprio Stefano l’ha preceduto nel programma Shooting Stars, organizzato dalla European Film Promotion per far conoscere i nuovi talenti europei. Così, insieme a 19 giovani stelle, Libero De Rienzo rappresenterà l’Italia alla Berlinale.
Assaggiatore di spaghetti in uno degli spot della Barilla, passato per l’esperienza internazionale con la regista francese Catherine Breillat in A mia sorella, ha in serbo grossi progetti che ci racconta in questa intervista esclusiva in collaborazione con cineuropa.org

Rappresenterà l’Italia alle ‘Shooting Star’ di quest’anno. Un nuovo e interessante passo per la sua carriera…
La parola carriera non mi piace granché. Secondo me non bisogna pensare ad avere una carriera artistica ma piuttosto un percorso artistico. A causa di questo equivoco si rischia troppo spesso di ridursi ad essere una lucetta che brilla a intermittenza, senza alcuna costanza. Credo invece nella possibilità di coerenza per non cadere davanti alle lusinghe di chiunque. Detto questo non nascondo l’importanza di una vetrina come quella di Shooting Star: uno strumento di amplificazione come questo è fondamentale per poter andare avanti migliorando, secondo i principi personali di ognuno.

Un’occasione per incontrare gli addetti ai lavori di tutta Europa…
Assolutamente si. E’ un’opportunità per guardare negli occhi persone che il cinema lo vogliono fare veramente e di confrontarsi l’uno con l’altro.

Lei si è già misurato con il cinema straniero, penso al film di Catherine Breillat A mia sorella. Ci sono altri progetti in vista?
Direi di sì, ma a parte il nuovo film di Marco Ponti, previsto per la prossima primavera, devo parlare al passato: quest’estate ho lavorato nel nuovo film di Richard Loncraine My House in Umbria, accanto a Maggie Smith e Giancarlo Giannini. Un’esperienza fantastica e un modo di lavorare davvero entusiasmante. In realtà in questo momento sono molto concentrato sul mio film e onestamente non mi do molto da fare per il mio lavoro d’attore.

Di cosa si tratta?
Sto lavorando alla sceneggiatura di un film di cui sarò il regista e anche l’interprete insieme a Regina Orioli, che ho coinvolto nella scrittura, con l’impareggiabile collaborazione di Giulio Calvani. Sono 36 ore nella vita di un fratello e di una sorella alle prese con il loro rapporto incestuoso e con tutti gli altri problemi più o meno tipici delle persone normali.

I due protagonisti non mi sembrano poi così normali…
Le persone normali sono tutti gli uomini e le donne sconosciuti che ci passano accanto per strada. Credo che il cinema e la televisione, puntando i riflettori ed ingigantendo determinati problemi, come droga o incesto, non abbiano fatto altro che trasformarli in banali cliché. Io voglio raccontare una storia normale ma vera, come quella di Fino all’ultimo respiro: Jean-Paul Belmondo è un tipo qualunque al quale accadono cose inattese con cui deve misurarsi per tornare alla normalità. O almeno per provare a tornarci.

Persone normali come quelle che ha interpretato fino ad adesso…
E pensare che sogno di essere il Bruce Willis della situazione!! Scherzo, naturalmente.

autore
10 Gennaio 2003

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