Zena, Marzia, Alfonso e Adriano sono quattro ragazzi, figli reietti di famiglie borghesi che si incontrano nella costosa Villa Bianca dove sono stati spediti per tornare a essere ‘normali’. Uno di loro ha il volto di Leonardo Giuliani, nato a Piacenza, 24 anni fa. Il film è Rossosperanza, opera seconda di Annarita Zambrano in concorso al Festival di Locarno 2023, e nelle sale dal 24 agosto con Fandango. Una storia ambientata in un’Italia degli anni Novanta, fatta di musica, finto perbenismo e ipocrisia, una commedia nera “dirompente, come dovrebbe esserlo anche il nostro cinema”, spiega a CinecittàNews il giovane attore con il sogno un giorno di lavorare al fianco di Luca Marinelli e essere diretto da Ruben Östlund.
Leonardo, chi è il tuo Alfonso?
Un ragazzo gay molto estroverso, che ha voglia di esprimersi e tirare fuori cosa ha dentro, soprattutto la sua sessualità. Prova a farlo in maniera eccessiva, anche attraverso i vestiti, perché viene da un contesto familiare particolare. Subisce violenza fisica da parte del padre, un politico di un certo livello che lo picchia da tempo. Per questo Alfonso viene portato in questo istituto, Villa Bianca.
E lì stringe un legame con atri ragazzi che si sentono anche loro respinti.
Annarita ha raccontato attraverso questo film la sua esperienza personale, quando da ragazza si è trovata ad affrontare un certo tipo di perbenismo fatto di regole molto subdole, nascoste, malate, mentre lei e altri ragazzi avevano voglia di spaccare e trasgredire. Tutti i personaggi del film rendono bene l’idea di cosa volesse dire far parte di un certo tipo di famiglie tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio dei Novanta e vivere all’interno di determinati contesti a quei tempi.
Quanto è attuale un film come Rossosperanza?
Lo trovo molto moderno. Perché ancora oggi ci sono famiglie che all’apparenza e agli occhi degli altri sembrano normali, quando in realtà nascondono segreti. È una storia sincera, e pure politica, anche se non direttamente. È un film che mi auguro porti a riflettere sulla condizione del presente.
È per questo che hai scelto di fare l’attore?
Sono interessato a film che pongono delle domande. Vorrei che il pubblico venisse stimolato dalla visione del nostro, come è accaduto a me quando Annarita mi ha raccontato per la prima volta questa storia e poi ho letto il copione. Avere un primo ruolo così importante in una pellicola così per me è veramente una grande soddisfazione.
Quando hai capito di voler intraprendere questo mestiere?
Al liceo ero molto timido e mio padre decise di farmi fare un corso di recitazione. Ho iniziato in terza superiore e non ho più smesso. È diventata la mia passione, la mia vita. Da Piacenza, mi sono trasferito prima a Firenze e poi a Roma, dove mi sono diplomato al Centro sperimentale di cinematografia. Ora sono tornato a vivere nella mia città natale. Tra un provino e l’altro, sto dando una mano a mio padre con la sua libreria. Ma sono felice di farlo, è un luogo che mi stimola creativamente. anche per scrivere e suonare.
Per chi è giovane come te fare l’attore può essere faticoso?
Più che altro è un mestiere che spaventa. Molti giovani si tirano giù e decidono di abbandonare se non arrivano subito il primo lavoro importante e la fama. Invece bisogna avere pazienza. Siamo sicuramente molti tra le nuove generazioni a tentare questa strada, ma oggi anche grazie alle piattaforme si hanno più possibilità. Dobbiamo andare avanti, se questo mestiere nasce veramente da una passione e un’esigenza.
Hai un attore di riferimento?
Luca Marinelli. Trovo che sia un grande professionista. Il mio primissimo provino per il cinema è stato per Le otto montagne, anche se poi non è andato. Spero ci sia occasione di lavorare con lui.
Da quali registi vorresti essere diretto?
Da Bellocchio, Moretti, Sorrentino. Tra gli internazionali, seguo Ruben Östlund. Il suo cinema mi stimola e incuriosisce molto. Lo trovo un autore coraggioso che fa film dirompenti, come Triangle of Sadness. Credo che anche noi in Italia avremmo bisogno di film cosi. Rossosperanza è uno di questi.
(Photo credit: Paolo Stucchi)
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