Due nuove avventure per Poetiche cinematografiche. La società di Leo Pescarolo e Andrea De Liberato, coprodurrà, insieme a Germania, Spagna (Antonio Saura), Hong Kong (i produttori de La tigre e il dragone), Australia e Stati Uniti (Overseas), Jamile-l’ultima dea per la regia di Mauro Borelli. Il film, liberamente tratto dal racconto “She” dell’inglese Henry Rider Haggard, sarà girato in Cina e Marocco con un budget di 12 milioni di dollari americani.
Intanto Pescarolo ha ottenuto un fondo di garanzia per Giosuè l’ebreo, nuovo film di Pasquale Scimeca sulla cacciata degli ebrei dalla Spagna. L’investimento, al quale dovrebbe partecipare la Francia, ammonta a 6 milioni e mezzo di euro circa. Le riprese si svolgeranno intorno al prossimo febbraio tra la Spagna, la Sicilia e Napoli.
Inoltre, proprio in questi giorni è uscito in sala Semana santa, film diretto dal tedesco Pepe Danquart e coprodotto da Pescarolo insieme al tedesco Christoph Meyer-Wiel (Schlemmer Film), lo spagnolo Antonio Saura (La fiera Corrupia), il danese Tivi Magnusson, il francese Philippe Guez (Septième) e l’inglese Paul Berrow.
Pescarolo, racconti meglio Jamile.
Il copione è firmato da due italiani, Fausto Brizzi e Marco Martani. I due ne hanno già scritto 14 versioni. In precedenza hanno lavorato alle sceneggiature dei film natalizi di Aurelio De Laurentiis. Sono molto bravi. Il regista Borelli è alla sua seconda prova. Da diversi anni vive e lavora a Hollywood, dove ha lavorato come visual composer. Ha collaborato con i più grandi registi: Francis Ford Coppola (Il padrino: parte III), Terry Gilliam (Le avventure del barone di Munchausen), Bernardo Bertolucci (Piccolo Buddha) Tim Burton (Sleepy Hollow).
E’ già deciso il cast?
L’unico nome certo è Hugh Jackman, protagonista insieme a Meg Ryan di Kate and Leopold. Le riprese partono a settembre e dureranno nove settimane. E’ un film di puro intrattenimento. Sono previsti molti effetti speciali che saranno curati dall’australiana Rising Sun.
Che tipo di accordo ha con gli americani per Jamile?
Ho dei preaccordi sulle vendite, un minimo garantito dalle vendite estere. Gli americani in genere dicono che l’Italia ha bravi registi, ma senza storie.
E lei cosa pensa?
Gli italiani non vogliono raccontare storie. Le sceneggiature contengono sempre qualcosa di troppo sfumato. Due anni fa avevamo bei film come I cento passi di Marco Tullio Giordana e Le fate ignoranti di Ferzan Ozpetek, oggi il cinema italiano ha rallentato lo slancio.
Anche Semana Santa è una coproduzione, ma di stampo europeo…
Sono entrato nel progetto un anno e mezzo fa attraverso Cristoph Meyer-Wiel, un produttore tedesco con il quale collaboro abitualmente. Con lui avevo già prodotto Artemisia Gentileschi. Il copione di Semana Santa era molto bello e grandi le aspettative. La lavorazione si è però rivelata un po’ burrascosa. Il regista aveva vinto l’Oscar per il miglior cortometraggio nel 1994 con Schwarzfahrer e l’Orso d’oro a Berlino con Playboys, un altro corto.
La strada della coproduzione oramai è l’unica percorribile. Nessun paese in Europa può affrontare da solo un film. Anche se vedo nubi all’orizzonte dopo il cambio di poltrone ai vertici di Canal plus e il fallimento del gruppo tedesco Kirch.
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