Le vacanze africane di Ulrich Seidl a Filmmaker

La rassegna milanese, in programma fino al 4 dicembre, ripercorre la carriera del cineasta austriaco. Da due opere degli inizi, Einsvierzig e Der Ball restaurate dall'Austrian Film Museum a 'Safari'


Protagonista di un cinema controverso, destinato a dividere ammiratori entusiasti ed altrettanto accaniti detrattori (come dimostrò nel 2001 vincendo a Venezia, con Canicola, un Gran premio speciale che le cronache raccontano “invocato” da una parte della giuria e contrastato dal presidente Nanni Moretti), Ulrich Seidl è uno degli autori su cui la rassegna Filmmaker ha indagato più a fondo nel corso della sua storia quasi quarantennale.
Un’attenzione, quella del festival milanese, che dopo essere culminata in una retrospettiva nel 2006, prosegue nell’edizione 2016 (in programma fino al 4 dicembre) con un omaggio che ripercorre la carriera del pluripremiato cineasta austriaco: da due rare opere degli inizi, appena restaurate dall’Austrian Film Museum (l’esordio Einsvierzig, 1980, subito accusato di “Sozialpornographen”, e Der Ball, 1982, che provocò l’allontanamento dalla Vienna Film Academy), al suo ultimo lungometraggio, Safari, che mostrando le vacanze africane della classe media austriaca e tedesca offre una riflessione sui mai sopiti istinti coloniali europei.

Safari – in programma il 1° dicembre, ore 21.30, al cinema Arcobaleno -può essere considerato uno spin-off del precedente Im keller. I due anziani coniugi che esibivano fieri, sulle pareti di casa, i loro trofei di caccia, ritornano, in casco e tenute coloniali color kaki, all’interno di questo nuovo progetto.
Ulrich Seidl guarda i turisti europei (nello specifico tedeschi e austriaci), della classe media, in vacanza in Africa per cacciare in quelle che loro vogliono credere siano terre selvagge. E il regista asseconda, esibendone tutta la costruzione, il loro mettersi in posa, quel volersi mostrare come cacciatori intrepidi, protagonisti di un racconto esotico dell’Ottocento. Eccoli quindi ripresi in camera fissa, frontalmente, mentre guardano in macchina, al centro di inquadrature di ossessivo rigore simmetrico.
E gli stessi indigeni, che partecipano consapevoli a questa anacronistica messinscena, sono fotografati nella maniera in cui i cacciatori vogliono pensarli, non poi così diversi dai trofei di animali imbalsamati. Perché alla fine, per quanto i turisti si impegnino nel provare a giustificare la loro passione per la caccia, l’atteggiamento con cui si propongono rimane sempre quello dei colonizzatori.

Venerdì 2 dicembre, ore 17.00, allo Spazio Oberdan verranno proiettati Einsvierzig e Der Ball.
In Einsvierzig, primo documentario di Seidl, Karl Wallner è un uomo di circa cinquant’anni, che all’età di 14, raggiunto il metro e quaranta di altezza, ha smesso di crescere. Karl è ripreso a casa, al lavoro, nel tempo libero. Il regista realizza un ritratto che si discosta dalla retorica lacrimevole abitualmente adoperata quando ci si confronta con chi è ritenuto un’eccezione rispetto alla norma. Non cerca di mostrarlo con ipocrita simpatia, al contrario fa vedere come sia possibile ridere di lui oppure considerarlo noioso, proprio come accade nei confronti di qualsiasi altra persona.

Der Ball parla di Horn, città natale di Ulrich Seidl, un piccolo comune della Bassa Austria. L’evento mondano che scuote il paese è il ballo scolastico organizzato dai maturandi. Dietro l’allegria un po’ isterica che si respira a ridosso dell’evento si agitano infatti non poche frustrazioni (sessuali, di classe). Il progetto, una volta concluso, viene respinto sia dal comune, che proibisce agli esercenti di proiettarlo, sia dai docenti della Vienna Film Academy, i quali, ritenendo il film indegno per l’immagine dell’istituto, decisero di allontanare Seidl dalla scuola.

autore
29 Novembre 2016

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