La regista Valentina Pedicini, scomparsa appena 42enne nel 2020, ha lasciato un ricordo intenso nella sede siciliana del Centro Sperimentale di Cinematografia, dove si è spesa con generosità come insegnante anche durante la malattia. Per questo oggi, 17 aprile 2023, le è stata intitolata la sala cinematografica, all’interno dei Cantieri Culturali alla Zisa, dove ancora oggi si tiene il Corso di Documentario della Scuola Nazionale di Cinema.
“Questo è un posto di futuro, non solo di passato. – dichiara commossa la regista e direttrice artistica della sede Costanza Quatriglio – Ci manca molto Valentina non solo perché è stata una grande cineasta, ma perché non è facile insegnare cinema, non è facile fare una scuola dove gli egotismi e i narcisismi degli autori non prevalgano sui ragazzi. E con Valentina era possibile. Quando si trovano dei compagni di avventura, perderli è davvero un grande dispiacere”.
La giornata interamente dedicata al ricordo di Valentina Pedicini ha visto protagoniste le tre vincitrici delle prime tre edizioni del Premio intitolato proprio alla regista, che valorizza i giovani autori documentaristici: Francesca Mazzoleni (Punta Sacra), Flavia Montini (Las Zuluagas) e Alice Tomassini (Kordon). Le tre cineaste hanno tenuto un incontro al cospetto degli aspiranti registi del Centro Sperimentale palermitano, parlando dei loro film premiati, che rappresentano tre approcci completamente diversi al documentario: il film improntato all’osservazione di Mazzoleni, il film di montaggio di Montini e l’instant movie di Tomassini. Due ore in cui sono stati sviscerati tutti gli aspetti produttivi del cinema del reale: dall’ideazione al finanziamento, dalla realizzazione alla distribuzione, senza dimenticare il rapporto con le comunità e con le persone che si raccontano. Un’occasione davvero speciale per gli studenti del corso che hanno potuto confrontarsi con tre autrici brillanti che hanno affrontato percorsi professionali molto diversi.
Il pluripremiato documentario del 2020 Punta Sacra racconta di quella piccola comunità composta da circa 500 famiglie che abitano l’Idroscalo di Ostia. “La scintilla del film è nata dal luogo e dalle persone che lo abitano. È stato un innamoramento. Poi il processo per girare un documentario è abbastanza anarchico, ognuno trova una propria strada per realizzare il proprio film, ma tutto parte da quell’innamoramento”.
“Ho avuto la fortuna di avere un produttore illuminato, Alessandro Greco – continua Mazzoleni – era il suo primo lavoro ed è un’avventura che abbiamo fatto assieme. Lui mi ha dato enorme fiducia e libertà, oltre a darmi un occhio creativo in più. Quando trovi un compagno di viaggio come lui è stupendo. Dovete mettere il cuore nei vostri progetti, perché è l’unico elemento che può convincere altre persone a salire sulla vostra barca”.
Los Zuluagas, coprodotto e distribuito da Luce Cinecittà, è un film che scava nell’archivio personale fatto di video e pagine di diario di Camilo, il figlio di un comandante rivoluzionario colombiano che torna nel proprio paese d’origine dopo 25 anni di esilio. “L’esperienza che più di tutti mi ha fatto capire che questo era il linguaggio che volevo utilizzare è stato un laboratorio a Los Angeles: lì per la prima volta ho capito che la realtà vince su ogni cosa. – spiega la regista in relazione alla sua formazione – Los Zugulas è stato un processo graduale. Ho cercato l’unico produttore che conoscevo, Luca Ricciardi, che per pura coincidenza era l’unica persona al mondo che poteva davvero produrre quel documentario, perché 10 anni prima aveva conosciuto e intervistato il papà di Camillo con l’idea di fare un film su di lui. Per me è stato fondamentale avere il suo confronto costante”.
Ideato, girato e montato nell’arco di soli tre mesi, Kordon racconta la storia di cinque volontarie ucraine, i cui percorsi si intrecciano in una stazione di periferia, al confine tra Ucraina e Ungheria. Il film premiato alla Festa del Cinema di Roma e a Londra è stato proiettato in 35 sedi sparse per il mondo, inclusi numerosi villaggi di confine con il fronte bellico, Kiev e Leopoli. “Kordon è nato da solo: volevo partire come volontaria pochi giorni dopo l’inizio della guerra. Inizialmente volevo raccontare il viaggio di queste persone che dall’Italia partivano per dare una mano, poi la realtà ci ha messo il dito e ho pensato che come volontaria non ero un granché ma forse come regista avrei potuto aiutare di più. Ho seguito la storia di queste cinque volontarie che provavano a fare qualcosa. È stato il mio primo documentario non studiato, ho improvvisato, ho seguito la realtà, scoprendo di avere un istinto”.
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