LAURA CAFIERO


Laura Cafiero, giovane produttrice del film Due come noi, non dei migliori diretto da Stefano Grossi, costato circa 1 miliardo e sette, già visto al festival di Locarno e in cerca di un acquirente tv, ha sperimentato dal canto suo una produzione sui generis. Così la chiama. “Ho pensato a una cogestione dei fondi dell’articolo 8 insieme a i vari reparti tecnici”, racconta. “Un lavoro di cooperazione totale cui ciascuno ha contributo a partire dall’impostazione produttiva, interagendo così con la fase artistica. Mi piace pensare che si possa procedere così. E personalmente cercherò di adottare questo metodo anche nelle produzioni future”.
In cantiere per il momento ha una commedia, passata al finanziamento, che sarà diretta da Gianluca Fumagalli, dal titolo provvisorio Forse quasi quasi mi sposo, e sta girando il prossimo film di Franco Piavoli, già preacquistato dalla Rai, “un tipico film “piavolesco””, forse un po’ più narrativo dei precedenti, ma sempre rigorosamente con attori non protagonisti. “Ritengo”, continua, “che sia finita l’epoca in cui la figura del produttore rappresentava solo la speculazione commerciale sull’opera e lo sfruttamento del regista. Colui che stacca o meno gli assegni a seconda che il prodotto sia buono o cattivo. Le produzioni cinematografiche devono essere dei luoghi produttivi, dove si cresce nella professionalità, tecnica o artistica”.
In realtà non è mai esattamente così. E facendo la produttrice da dieci anni, Cafiero intende sgombrare il campo dai cattivi comportamenti. “L’unica ragione per cui faccio questo mestiere è fare buoni film. Questo significa non perdere di vista il mercato, ma anche non rinunciare alla qualità. In sintesi: preoccuparsi sempre più del pubblico. Il cinema italiano invece ne è sempre più distante. Anche quello più commerciale”. Aggiustando il tiro si può fare meglio.


Per raggiungere il successo, perché no? “Ma voglio chiamarlo pubblico e non mercato. Il pubblico è fatto di persone, il mercato di entità, società, oligopoli”. Da arginare a suo avviso con una normativa antitrust. “Peccato che se, e quando, arriva il mostro è ormai tentacolare. Comunque non vorrei ridurre tutto a questo. Il problema è anche di ordine culturale. Spesso non solo gli oligopoli, ma le stesse ragioni artistiche diventano indiscutibili. Continuo invece a pensare a un film come a un’opera corale, per cui nessuno è in diritto di trincerarsi dietro i dogmi della sua autorialità”. E qui Cafiero se la prende anche con la moda sempre più diffusa di fare film di due ore, due ore e mezza: “Non sempre è necessario per fare buoni film. L’unica vera ricetta per salvare il cinema italiano”.

09 Maggio 2000

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