Laura Bispuri: il mio esordio con Alba Rohrwacher

"Da subito ha pensato a lei per il ruolo di questa giovane donna albanese, Hana, perché ha una fisicità molto particolare, che ho colto soprattutto ne La solitudine dei numeri primi".


CANNES. “Da subito ha pensato ad Alba Rohrwacher per il ruolo di questa giovane donna albanese. Solo lei può essere Hana, perché ha una fisicità molto particolare, che ho colto soprattutto ne La solitudine dei numeri primi. Un’attrice che, a seconda della scena nella quale si trova, cambia moltissimo”.
Così Laura Bispuri, 35enne romana, parla della protagonista del suo film d’esordio che spera di girare il prossimo inverno. S’intitola Vergine giurata e il progetto viene presentato, insieme ad altri 14 provenienti da tutto il mondo, all’Atelier di Cinéfondation, alla ricerca di un distributore internazionale. Vergine giurata dal punto di vista produttivo è a buon punto, accanto alle italiane Vivo Film e Colorado e al sostegno di MiBAC e del programma MEDIA, ci sono la svizzera Bord Cadre Films, la francese Arizona Productions e l’albanese Erafilm Productions.
Curriculum tutto cinematografico per la Bispuri: nonno attrezzista sui set di Scola, Rossellini e Bertolucci; padre studioso di cinema; laurea in Storia del cinema e laboratorio di due anni con Fandango; tre cortometraggi diretti, tra cui Passing in Time, premiato con il David, e Biondina (progetto perFiducia di Banca Intesa) vincitore di un Nastro d’argento.

 

Prima volta in assoluto al Festival Cannes?
Sì, e l’impatto è forte. Subito mi ha emozionato vedere queste lunghe file, anche sotto la pioggia, per entrare in sala. E poi il mercato così frenetico, ti accorgi che c’è un grosso business, ma spesso intorno a progetti di qualità.

 

Ha fatto la fila anche lei sotto la pioggia?
Sì per vedere in Un Certain Regard L’inconnu du lac di Alain Guiraudie, un film coraggioso, in Italia difficilmente uscirebbe, poetico e rigoroso, girato in un’unica location, senza una nota musicale e tuttavia ti tiene in tensione per tutto il tempo.

 

Registi di riferimento?
Mi attribuiscono i fratelli Dardenne, mi piacciono molto, ma in loro mi riconosco solo in parte. Il mio amore italiano è Pasolini e tra gli stranieri ho scoperto Ursula Meier e il suo Sister, Orso d’argento a Berlino 2012. Un regista mi piace quando ha uno sguardo forte.

 

Come è avvenuto l’incontro con “Vergine giurata”, il libro della scrittrice albanese Elvira Dones, pubblicato da Feltrinelli, da cui è tratto il suo prossimo esordio?
Mi è stato consigliato da una persona dopo che ha visto i miei lavori e subito mi è sembrato il libro giusto per esordire. Ho lavorato molto sullo script con Francesca Manieri, una talentuosa sceneggiatrice che ha firmato di recente Il rosso e il blu di Piccioni e La foresta di ghiaccio che Claudio Noce ha appena terminato di girare con Emir Kusturica e Ksenia Rappoport.

L’idea di trarne un film l’ha subito interessata?
Vi ho trovato una struttura forte, un tema originale e la possibilità d’inserire in questo plot l’analisi della femminilità in rapporto alla libertà e all’identità. Tutto il lavoro in fase di sceneggiatura è stato teso a rafforzare ancora di più questa tematica.

Dove comincia la storia?
Dalle ‘montagne maledette’ dell’Albania del nord, 30 anni fa. Un mondo a parte, una società patriarcale dove vige il codice Kanun che regola la vita di tutta la comunità delle montagne, basato sulla vendetta di sangue, sull’onore e sui clan familiari. Nel Kanun c’è scritto cha la donna è un otre che deve solo sopportare. Qui nasce Hana, una giovane che vorrebbe urlare al mondo ‘io sono libera, forte e donna’ e si scontra con questa società arcaica. Hana perde i genitori e viene adottata dagli zii dove cresce insieme alla loro figlia, la cugina Lila. Due ragazzine che hanno lo stesso spirito d’evasione, ma le cui strade si dividono. Lila scappa da un matrimonio combinato. Hana, legata alla famiglia che l’ha accolta, in particolare allo zio che avrebbe voluto un figlio maschio, non ha la forza di andarsene ma deve fare i conti con la sua natura ribelle in quel mondo così arcaico.  Decide così di diventare una ‘vergine giurata’. La donna in quei paesi ha la possibilità di fare un giuramento davanti a 12 vecchi del villaggio: prendere il nome di un uomo, indossare i vestiti maschili e così essere libera come lo sono gli uomini, a condizione che neghi per sempre la sessualità e l’amore, rimanendo vergine per tutta la vita.

 

Hana trascorre da sola ben 10 anni tra quelle montagne, ma un giorno… 

Dopo aver perso entrambi gli zii, Hana raggiunge l’Italia dove c’è la cugina Lila e sua figlia Ionida, una ragazzina che fa nuoto sincronizzato, avendo un’idea della femminilità perfetta. Attraverso queste due figure Hana fa un percorso di micromovimenti per riprendersi la parte di femminilità che aveva rinnegato per tanti anni, fino ad avere un contatto con un uomo ed essere pronta ad amare.

Il film è liberamente o fedelmente tratto dal libro?
Nella trasposizione cinematografica di un libro è naturale che ci siano dei cambiamenti, ma il cuore della storia, il tema del romanzo, la vicenda albanese, quella vissuta in un altro paese, nel film l’Italia e nel libro Washington, sono rimaste tali. Comunque ci confronteremo poi con la scrittrice.

Quindi ha incontrato l’autrice del romanzo?
Ci siamo conosciute via skype e via mail perché lei vive negli Usa. Abbiamo avuto lunghe conversazioni e quando avrò la stesura finale della sceneggiatura gliela manderò. Tra l’altro lei ha girato un documentario sulle “vergini giurate”, incontrando sulle montagne queste donne e una delle intervistate ha una storia quasi identica a quella da lei narrata nel libro.

 

E lei ha incontrato queste donne?
Sì, facendo i sopralluoghi in Albania per il film ne ho conosciute quattro e mi ha colpito che una di loro fosse giovane, 35 anni, perché di solito sono per lo più donne in età avanzata.

 

Quindi ha già scelto la location albanese?
Una zona al confine con il Kosovo e Montenegro, conosciuta come montagne maledette.

L’altra location sarà Milano?
Così è nella sceneggiatura, ma non è ancora deciso, di sicuro sarà una città del Nord Italia.

La difficoltà più grande in fase di sceneggiatura e quella che potrebbe incontrare una volta sul set?
Leggendo il libro si ha la sensazione di avere due macrostorie e abbiamo lavorato tanto per cercare di unire questo due mondi, trovando un equilibrio. Di qui anche la necessità di un percorso narrativo che, al momento, non è cronologico.

 

Primo ciak?
Spero il prossimo inverno, in un periodo preciso quando ci sarà una neve gestibile per le riprese.

 

Gli altri interpreti?
Albanesi saranno gli zii; un italiano per Bernardo, l’uomo che Hana incontrerà; un’attrice albanese, o forse kosovara, per il personaggio della cugina e una ragazzina italiana nel ruolo della figlia, che sceglierò tra adolescenti che fanno nuoto sincronizzato.

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