CANNES – Se il cinema è una terapia, stavolta non ha funzionato. Ma forse è meglio così. È lo stesso Lars Von Trier, nella lunga intervista concessa al suo attore Knud Romer e pubblicata sulla rivista del cinema danese, a denunciare i danni della psicoanalisi sulla mente di un certo tipo di artisti. “A un certo punto Munch venne in Danimarca per essere curato da un certo dottor Jacobsen, che ha trattato anche Strindberg. Entrambi ne vennero fuori completamente cambiati. Munch senza dubbio in peggio, era molto più interessante prima di venire a trattare i suoi problemi. Quando la pazzia recede, diminuisce anche la qualità delle opere”.
Così Antichrist, opera dichiaratamente costruita sulla malattia mentale, non merita spiegazioni secondo il suo autore. “Non mi devo giustificare con voi, io lavoro per me stesso, non per il pubblico”. È la risposta, magari innocente, alla prima domanda che gli pongono in conferenza stampa. Le contestazioni non sono mancate per il film. Molti si sono sentiti offesi da quelle immagini crudeli oltre che crude. Qualcuno è infastidito dalla dedica finale ad Andrei Tarkovskij. Restano quasi in silenzio i due coraggiosi e bravissimi attori che si sono prestati davvero anima e corpo alle perversioni strindberghiane di Lars, Willem Dafoe e Charlotte Gainsbourg. Adamo ed Eva nell’Eden di un regista che si considera un dio.
Insomma, perché ha scelto proprio questa storia per tornare al cinema dopo la parentesi della depressione seguita a “Manderlay” e “Il grande capo”.
Non l’ho scelta, è dio che decide. E io sono il migliore regista del mondo.
Qual è la sua relazione con Tarkovskij?
Era un vero dio. La prima volta che ho visto un suo film sono andato in estasi. Tra noi c’è una relazione quasi religiosa. E poi se dedichi un film a qualcuno, non ti possono più dire che l’hai copiato.
Non crede che “Antichrist” sia più vicino a Dario Argento e all’horror in generale?
Chi è Dario Argento?
Si definirebbe misogino?
Mi sento vicino a Strindberg, che adorava le donne. Studiava la relazione tra l’uomo e la donna, la lotta tra i sessi.
In che senso questo film è una terapia?
È la routine del lavoro che è terapeutica: alzarsi tutte le mattine, andare sul set. Ma non è riuscito a scacciare i cattivi pensieri.
Ha cercato di trasmettere qualche messaggio?
No, non ho seguito alcuna logica. Antichrist è un sogno nero.
Davvero si considera il più grande regista vivente?
Certo, anche i miei colleghi lo pensano di se stessi, ma non lo dicono.
Era proprio necessario mostrare l’automutilazione del corpo femminile in primo piano?
Non mostrarla sarebbe stata una menzogna. È una scena importante che riguarda la colpa legata alla sessualità. Ma è una scena che si può girare una sola volta.
Le dispiace che il film sia stato accolto negativamente da molti giornalisti?
Non mi disturba. È un buon inizio per la discussione. Se siete arrabbiati, vuol dire che avete sentito qualcosa.
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