Lando Buzzanca


Lando BuzzancaPer qualcuno è l’homo eroticus per eccellenza. Per altri è il Don Giovanni di Molière. Per tutti, Gerlando Buzzanca è Lando. Si può dire tranquillamente che ha vissuto due vite professionali ben distinte. La prima più goliardica e spensierata: è l’epoca de Il merlo maschio e de L’arbitro. La seconda più impegnata e matura: con il teatro scespiriano e i ruoli drammatici per la tv. E’ una carriera eclettica quella di Lando Buzzanca, che sabato 8 luglio, prima di cominciare le riprese del nuovo film di Roberto Faenza, si recherà a Bologna per la ventesima edizione del festival “Il Cinema Ritrovato”. Lì presenterà (alle 17,30 al cinema Lumière) Don Giovanni in Sicilia di Alberto Lattuada, nell’ambito dell’omaggio riservato dal festival al compianto regista milanese.

Che ricordo ha di Lattuada?
Straordinario. Il Don Giovanni in Sicilia l’abbiamo fatto 40 anni fa, e mi ricordo che ero felicissimo di lavorarci insieme perché avevo sempre ammirato lui e quello che raccontava. Mi piaceva il suo erotismo elegante e clericale nei confronti delle donne, e la sua profonda cultura. La cosa che ricordo con più simpatia è la gelosia che aveva per le sue attrici. Quando girammo il film era gelosissimo del rapporto che avevo con Katia Moguy (che nel film interpretava la moglie di Buzzanca, ndr) tanto da dirle di innamorarsi di me dopo le riprese perché durante il film era solo sua. Lo capisco, perché in quel momento l’attrice rappresentava il suo ideale.

Nell’immaginario collettivo lei è visto come l’homo eroticus, ma oggi è lontano il Lando Buzzanca del “Merlo maschio”.
Direi di sì! Non volevo invecchiare come homo eroticus. Volevo che la gente sapesse che sono un attore a tutti gli effetti e che posso recitare ruoli diversi da quelli della commedia. Il film che ha segnato il cambiamento è stato quello per la televisione Mio figlio. Lì gli scettici si sono accorti che so recitare e la fiction ha avuto grande successo. Infatti, da febbraio-marzo comincerò a girare una serie di 6 puntate in cui interpreto il commissario Vivaldi.

Prima però c’è il film con Roberto Faenza, di che si tratta?
Sì, con Faenza farò I vicerè, dal celebre romanzo di Federico De Roberto (1894), dove interpreterò il principe Giacomo. Un personaggio che con me non ha nulla a che fare perché lui è avido e superstizioso. Ma nel fondo di ognuno di noi ci sono questi sentimenti, e io andrò a scovarli. Le riprese dureranno 12 settimane, cominciamo il 17 luglio e finiamo ad ottobre. Sono molto felice di lavorare con Faenza perché è uno dei registi talentuosi che emergevano quando io cominciavo ad venir fuori come attore. Pensate che fu Saccà (direttore di Rai Fiction, ndr) a proporre la mia candidatura a Faenza per il ruolo di Giacomo. Lui non aveva pensato a me, ma dopo che gli mandai le cassette della fiction Mio figlio, mi chiamò subito. All’inizio era scettico perché mi vedeva ancora nei panni dell’ “erotomane”.

Qual è l’incontro che ha segnato la sua carriera?
Quello con Pietro Germi. A quell’epoca avevo fatto l’accademia ma non lavoravo da 8 mesi. Mi chiamò per Divorzio all’italiana dimostrando di essere oltre che un grande uomo di cinema, anche un grande uomo nella vita civile e sociale. Mi ha levato dalla fame e questo non dimenticherò mai.

Come vorrebbe essere ricordato tra 50 anni?
Vorrei solo che sulla mia tomba ci fosse scritto “Lando Buzzanca non era un cretino”. E credo che oggi, dopo il grande successo che ho avuto anche con il teatro impegnato oltre che con la televisione, si possa dire tranquillamente.

autore
06 Luglio 2006

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