LA SOSTENIBILE LEGGEREZZA DI MONICELLI


Mario Monicelli Né buonista né politically correct, in tempi in cui queste due qualità sembrano invece dettare i comportamenti pubblici e internazionali di vip e politici in tutto il mondo. Mario Monicelli risponde a ruota libera al fuoco di fila di domande nell’intervista-fiume contenuta nel libro di Mariano Sabatini e Oriana Maerini “Intervista a Mario Monicelli – La sostenibile leggerezza del cinema”, uscito per i tipi della Edizioni Scientifiche Italiane.
In questo breve e agile volume (96 pagine) l’ottantaseienne regista di Viareggio non si preclude il gusto di dire come la pensa realmente sul suo mestiere di regista, in un momento in cui si moltiplicano le occasioni che lo vedono protagonista, sorta di revival del cinema italiano degli anni ’50 e ’60, quando si staccavano circa ottocento milioni di biglietti l’anno. “Stream” gli ha dedicato una personale qualche mese fa, il Festival di Pesaro l’ha omaggiato quest’estate presentando tutti i suoi film (eccetto Pioggia d’estate, ormai perduto). E’ infine ormai ufficiale il debutto della versione teatrale di “Amici miei” al Teatro Brancaccio di Roma a febbraio. A interpretare dopo 27 anni i ruoli che furono di Ugo Tognazzi, Philppe Noiret, Gastone Moschin e Adolfo Celi stavolta saranno i Gatti di Vicolo Miracoli, eccezionalmente riunitisi per l’occasione.
“Io ho una mia teoria: in genere l’attore meno sa, meglio rende sul set”. Di colpi di stiletto come questo il libro è colmo, come piena di sarcasmo e “tipi” umani è la maggior parte della filmografia di uno degli autori cardine di quel ‘neorealismo rosa’ che ha fatto la storia (anche di botteghino) del nostro cinema. Nella prefazione è Walter Veltroni a parlare e, rivelando i titoli che più ha amato (Guardie e ladri, La grande guerra, I nuovi mostri, Amici miei, Un borghese piccolo piccolo), mette in luce un filo rosso di dissacrazione storica e sociale che percorre tutto il cinema di Monicelli, attento non solo alla risata ma anche alla riflessione politica. “Il governo degli Stati Uniti tutela il suo cinema con leggi studiate appositamente, cosa che qui non accade. Il nostro cinema, poiché spesso antigovernativo e prima antidemocristiano, è sempre stato malvisto e talvolta boicottato”.
Le ultime pagine infine accolgono i ricordi di circa venti personalità del cinema italiano, come Pupi Avati, Ennio De Concini, Giacomo Campiotti, Leo Benvenuti, Nicola Piovani e Vittorio Gassman. Tra questi Tonino Delli Colli, che rivela che il film più bello di Monicelli al quale ha lavorato è Temporale Rosy, una pellicola del 1980, quasi dimenticata, tratta da un romanzo di Carlo Brizzolata su un gruppo di catch femminile, con uno straordinario Gerard Depardieu. Una preferenza che coincide, inaspettatamente, con quella dello stesso Monicelli.

autore
10 Dicembre 2001

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