CANNES – “Nessuno l’avrebbe detto, lei è un romantico!”. La riflessione è rivolta da un giornalista a Michael Haneke, regista austriaco che ha conquistato la Palma d’Oro con il sentimentale Amour/Love, interpretato da Jean-Louis Trintignant e Emmanuelle Riva a cui il presidente di giuria Nanni Moretti ha voluto dedicare in particolare il premio “perché – ha detto – è incompatibile con i riconoscimenti per miglior attore e migliore attrice”, che altrimenti, si lascia intendere, sarebbero stati loro assegnati. E’ la seconda Palma vinta dal regista in tre anni, dopo il trionfo de Il nastro bianco.
Sì, Haneke sa essere anche romantico: “Il film l’ho dedicato a mia moglie- dice – perché abbiamo promesso anni fa di non lasciarci mai. Abbiamo vissuto in famiglia una vicenda simile a quella del plot ed è da lì che ho iniziato a lavorarci. Ma non sono io ad essere particolarmente romantico. Si tratta di adattarsi alla materia del soggetto, e questo è un film che parla d’amore. Siete più che altro voi giornalisti a etichettare questo o quell’autore come ‘specialista di’”.
Sorpresa per Matteo Garrone che vince il Grand Prix. Il suo Reality non era stato accolto poi così bene e, anche se da ieri si vede il regista girovagare per la Croisette, si pensava forse a un premio per il suo protagonista Aniello Arena, che per girarlo ha dovuto ottenere un permesso speciale dal carcere in cui è recluso. “L’ho sentito questa sera – racconta Garrone, che aveva già ottenuto il medesimo riconoscimento anni fa con Gomorra – ed è felicissimo di questa vittoria”.
La miglior regia è del messicano Carlos Reygadas, per il controverso e complesso Post Tenebras Lux: “Io ringrazio tutti – ha detto – compresi i giornalisti che l’hanno detestato. Va bene così, ci sono molti film osannati che io detesto e viceversa. Certo, quelli che l’hanno amato li ringrazio un po’ di più, significa che io non sono completamente pazzo e che il film non è solo una serie di immagini sconnesse. Ringrazio lo spettatore che lo guarda con l’anima e con il cuore. Io faccio film per condividere emozioni con i miei fratelli e sorelle che sono nel mondo, non credo di dover piacere a tutti, il mio obiettivo è esprimermi in assoluta libertà”. A detta di Moretti, il film di Reyagdas è stato tra i tre che hanno diviso la giuria: gli altri erano Holy Motors di Leos Carax e Paradise: Liebe di Ulrich Seidl, ma a entrambi non è andato alcun premio.
Altri protagonisti del palmarès sono stati l’attore Mads Mikkelsen, che ha conquistato la giuria con la sua intensa interpretazione del presunto pedofilo – in realtà innocente -perseguitato in Jagten di Thomas Vinterberg e, a pari merito, le attrici Cosmina Stratan e Cristina Flutur da Dupa Delauri di Cristian Mungiu, che porta a casa anche il premio per la sceneggiatura.
Rapido e preciso Ken Loach vincitore del Premio della Giuria per The Angel’s Share: “I miei giovani – dice – non hanno lavoro, e la società cerca di convincerli che è perché non valgono niente. Ma non è vero. E questo mi ricorda la situazione dei giovani in Europa. Quel che ho voluto raccontare è che la solidarietà è possibile. Nonostante tutto, i giovani sono ottimisti. La gente ha bisogno di ridere”.
Evidente la commozione di Benh Zeitlin, regista di Beasts of the Southern Wild, vincitore della Camera d’Or. “Non potevo immaginare che sarebbe successo – ha detto – era una prima esperienza non solo per me, ma per gran parte di coloro che sono coinvolti nella realizzazione, il finanziatore, il produttore, molti degli attori. Siamo partiti con un progetto tra amici, in famiglia, ed ecco dove siamo ora”. Chiude in bellezza Sessiz-Be Deng di L. Rezan Yesilbas, vincitore della Palma d’oro per i miglior cortometraggio.
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