La parigina e il provinciale: Boon e Delpy coppia comica senza peli sulla lingua

Duettano in "Lolo", diretto dall'attrice e presentato alle Giornate degli Autori


VENEZIA – Metti insieme Julie Delpy e Dany Boon – attrice di Kieslowski e Linklater e il comico di Supercondriaco – e otterrai una chimica esplosiva nutrita da una grande complicità, dentro e fuori lo schermo. L’attrice francese ha portato in prima mondiale alle Giornate degli Autori Lolo, il suo sesto film da regista (di cui è anche interprete e sceneggiatrice), una commedia intelligente, dalla scrittura raffinata eppure un pizzico politicamente scorretta, in cui la protagonista della “Before Trilogy” di Linklater e l’artefice di Giù al Nord duettano meravigliosamente nei panni di una parigina nevrotica e di un provinciale naif che si incontrano e si innamorano. Ma quando, tornati dalla vacanza del colpo di fulmine, il loro sentimento viene messo alla prova della quotidianità, i due devono vedersela con il figlio ventenne di lei (interpretato dall’emergente Vincent Lacoste), che non ha nessuna intenzione di rinunciare al suo “territorio” e alle attenzioni della mamma.

Delpy, di nuovo dietro la macchina da presa…
JD – “Non ero molto felice quando facevo solo l’attrice, lo sono molto di più da quando sono anche regista. Il mestiere dell’attore, che ti costringe a stare sempre in attesa e appesi al desiderio degli altri, è molto duro, ti rende fragile. Ora mi piace molto fare le due cose insieme. Oltretutto sono molto timida e ogni volta che faccio un provino è un disastro”.
DB – “Anch’io, non sono mai stato scelto in seguito a un provino!”
JD – “Nemmeno io!”.

Quando ha scritto Lolo ha pensato subito a Dany Boon?

JD – Nella prima versione il suo personaggio si chiamava addirittura a Dany. Quando ho qualcuno in testa, uso il suo nome, e avevo pensato a lui da subito.
DB – Mi piace da sempre il lavoro di Julie, ed è divertente perché in passato avevo girato dei film sia con sua madre, che interpretava mia mamma, sia con suo padre, nei panni di mio zio. Sono un fan della scrittura di Julie, ha una personalità forte ed è molto piacevole essere diretto da una donna che ha una scrittura così decisa.

Parlando di scrittura, è molto interessante il modo che hanno le donne del film, Julie Delpy e Karin Viard, di parlare di sesso… un modo non proprio “politically correct”.
JD – Quando ho pensato ai due personaggi volevo che risultassero molto dirette, mai volgari e sempre divertenti. Hanno una visione piuttosto disincantata su loro stesse, sulla loro sessualità, sono due donne quarantenni per niente rigide. Volevo rappresentare delle donne libere, che si divertono e che si disinteressano del giudizio degli altri.
DB – Proprio come sei tu.
JD – In effetti il personaggio di Karin è più vicino a me del mio personaggio. Quando scrivo mi piace molto anche lavorare sulle scene in cui i personaggi si dicono in faccia delle cattiverie tremende, come quando lui mi dice che ho il sedere grosso, che poi non è così grave. Di solito nei film tutto ciò non si vede, è come se si avesse paura di spingersi troppo oltre, c’è una sorta di pudore su quello che le persone si dicono nella vita vera. Quando le coppie litigano possono dirsi degli orrori.

Cosa l’ha ispirata per il personaggio di Vincent Lacoste? Trova che ci sia una generazione di ragazzi cresciuta così, viziata e diventata manipolatrice?

JD – No, si può trattare di un bambino, di un ex marito… ci sono persone un po’ narcise e sadiche, che provano piacere quando fanno del male, quando distruggono. Questo non è un film sul complesso di Edipo, Lolo non è innamorato di sua madre, piuttosto vuole usarla. Nella mia vita ho conosciuto persone così e ho voluto trasferire tutto ciò in una storia di madre e figlio che si confrontano con la creazione di una nuova coppia. È partito tutto un po’ da me e dal mio rapporto con mio figlio – che ovviamente è molto diverso, ha solo sei anni e non è un sociopatico, anzi è molto gentile – ma è molto manipolatore per la sua età. Mi ci sono fatta un film sopra perché già da quando era molto piccolo lo chiamo “il mio piccolo imperatore”.

Siete entrambi attori-registi. Avete avuto un modello di regista? Qualcuno che magari avete ammirato sul set da attori e a cui vi siete ispirati?

JD – Non ho particolari fonti d’ispirazione, ma quando ho iniziato a fare l’attrice Kieslowski mi ha molto incoraggiata a diventare regista, mi ha dato tantissimi consigli e mi ha suggerito di fare film che mi somiglino, di fare ciò che volevo, non ciò che vogliono gli altri. Detto questo, ammiro molto Kieslowski ma non saprei mai fare un film come lui, sarebbe una menzogna solo provarci, adoro fare invece la commedia o anche un dramma come The Countess, cose comunque vicine a me. Ho seguito il suo consiglio, di essere sincera con me stessa.
DB – …almeno quando sbagli saranno i tuoi errori. Io non so se ho avuto influenze particolari, ma da piccolo vedevo molti film americani degli anni ’50 e ’60, opere di Billy Wilder o Frank Capra. Per quanto riguarda il cinema francese adoravo Jacques Tati.

Quali sono i vostri nuovi progetti?
JD Ho un progetto di serie tv per Amazon sulle donne quarantenni e quest’estate ho girato il nuovo film di Todd Solondz, in cui interpreto una madre orribile, un mostro. Poi penso al mio prossimo film da regista, ma è presto per parlarne.
DB Ho fatto un film a episodi contro l’antisemitismo in Francia con Charlotte Gainsbourg, ho prodotto un film con Thierry Lermitte e Sabine Azéma che uscirà febbraio, e poi ho fatto il mio quinto film da regista, si intitola Raid Dingue: è la storia della prima donna entrata nel gruppo di intervento speciale della polizia francese.Sarà interpretata da Alice Pol.

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