VENEZIA – Nella Notte fantasma una domanda accompagna chi guarda per l’intera durata: “chi è davvero… il poliziotto?”. L’attesa è per un colpo di scena, per uno svelamento inatteso, che sia metafora della coscienza o qualcosa di simbolico, e invece questa domanda non incontra una risposta capace di stupore, ma più un finale che si può intuire.
“Il cinema che mi ispira di più è quello italiano dei ‘50 e ‘60: c’è distanza e quindi posso ispirarmi, mentre film simili, come Collateral, ma troppo vicini m’ispirano meno, sono film come Il sorpasso a ispirarmi. Sono sempre stato appassionato dei film ‘tutti in una notte’, con un’unità di tempo ristretta, questo dapprima da spettatore. E poi, se è stata scelta quella notte vorrà dire che è una notte importante: poi, la notte è di base misteriosa per la luce artificiale e cinematograficamente si può fare a immagine e somiglianza della storia, amplificando il realismo delle luci naturali della città, come quelle del traffico o all’interno delle case”, dice Fulvio Risuleo, con il suo film nella sezione Orizzonti Extra, che sceglie appunto un’ambientazione notturna, seducente e efficace nel complesso, così come risulta l’opzione della quasi totalità dell’unità di luogo, la macchina del poliziotto, interpretato da Edoardo Pesce, che in questo ruolo restituisce forse la sua prova assoluta della carriera (fatta fino ad ora).
“Ho lavorato sulla verità e abbiamo potuto girare in sequenza. Sono abbastanza istintivo e questo è un film abbastanza di pancia: ci siamo tenuti un 50% di improvvisazione sul set, è stato un po’ sperimentale, senza un controllo assoluto. Si girava 6/7 ore di notte, fino all’alba, per cinque settimane. C’è stata la possibilità di sperimentare: non è un film fatto con l’algoritmo, su commissione, per cui è stata una cosa bella coralmente, seppur sempre un gioco serio. Fulvio è un autore con una visione propria, lui è in divenire e qui ha sperimentato un genere, cosa che trovo interessante e onesta”, dice Edoardo Pesce.
Darek, l’attore Yothin Clavenzani, 17 anni e mezzo (nel film), stufo di aspettare l’arrivo del bus 5, s’incammina… nella notte romana, diretto a casa di amici, che lo convincono a fermarsi, strada facendo, per comprargli 50 euro di fumo. Una macchina lo segue a tallone, alla guida il poliziotto – il sovraintendente Proietti, sapremo poi -, che dapprima lo approccia informalmente, ma poi più aggressivamente mostra il distintivo e così comincia la loro nottata, prettamente basata su un dialogo che si svolge per la più parte nel mezzo condotto da Pesce, discorso che spazia dallo spaccio al pentimento, dall’essere grasso all’offerta di mangiare un supplì. Edoardo Pesce recita quasi sempre con toni bassi e pacati, con un approccio al limite del paterno, per poi alternare improvvisamente scatti che ne fanno intuire l’essere un disfunzionale in qualche modo, ma il talento dell’attore vive proprio nel riuscire a calibrare e rendere armonico questo “bipolarismo” emotivo e fisico, che passa dall’insistere – tra il romantico e l’erotico – con Darek affinché seduca una coetanea, al menare senza pietà lo chef che arriva in supporto a lei, disturbata dall’approccio diretto.
“È stata una delle esperienze più bella della mia vita, successa senza aver programmato di fare l’attore ma che mi ha aperto mille volte, anche dal punto di vista mentale”, spiega Clavenzani, 19enne nella vita, che Risuleo definisce: “Una scoperta. L’idea iniziale era potesse essere nord africano: cercavo 18enni e quindi non-attori o con poca esperienza e quando lui ha partecipato al provino ho cambiato la mia idea sul personaggio vedendolo con Edoardo, con cui lavoriamo insieme sin dalla sceneggiatura: lui s’è proposto di far l’attore degli ultimi provini e ho avuto modo di basarmi sulla coppia. In un film con due interpreti e una macchina conta la coppia giusta. Addirittura hanno fatto un’improvvisazione, parlando del fisico grasso appunto, cosa che poi ho riscritto ma lasciato come era nata in improvvisazione. Yothin non è un attore di formazione, ma un po’ la sua capacità naturale, un po’ la coppia, ha fatto sì che funzionasse”. Inoltre, continua il regista: “Il film nasce da una scrittura di getto: il pro è che escono fuori discorsi a flusso che permettono di caratterizzare il personaggio”
La notte nel film avanza, così il dialogo, così l’attraversare situazioni: la macchina affianca e passa, come se nulla fosse, un cadavere a terra coperto da un lenzuolo; oppure Pesce ingerisce con disinvoltura delle pillole mentre pasteggia; o ancora, i due parlano di religione – perché Darek è musulmano – e il poliziotto sentenzia certo che “scegli una religione perché vuoi esorcizzare la morte”. Ancora, Pesce porta Darek in un cimitero, così come prova a insegnarli a guidare, scelta azzardata al limite del dramma. In questa Notte fantasma incontrano anche dei colleghi del poliziotto, che gli intimano di affidare loro il minore e di recarsi in commissariato e qui il via di un’altra sequenza in cui il personaggio di Pesce dosa al meglio le sue due dimensioni, quella quieta e quella estremamente istintiva, infine fuggendo a gran velocità.
“Noi abbiamo scelto la complessa più complessa, quella di un’automobile vera che gira la città ma con intorno una struttura quasi da teatro di posa: con le lampade Astera, con un sistema a led, abbiamo riggato l’automobile; mi interessa ci sia la perfezione tecnica per la storia, l’atmosfera si crea con i dettagli”, specifica Risuleo.
In questa strana notte incontrano anche Bea, la bimba di Proietti, che furtivo entra in casa, proponendole di sgattaiolare fuori per un gelato o delle pizzette, ma la piccola – affettuosissima col papà, eppure conscia di qualcosa di “sbagliato” – con delicata fermezza si oppone, mentre dei lampeggianti percepiti dalle finestre fanno salutare i tre e scendere di fretta i due uomini dall’abitazione, fuggendo per via di tunnel sotterranei, tra buio e luce – naturalmente simbolici -, fino a sbucare su una porzione di Lungotevere nei pressi dell’Isola Tiberina, all’alba.
Infine, il personaggio di Pesce allontana in malo modo Darek: di Proietti ci restano e “partono” delle tracce e lui in qualche modo svanisce, per chissà quale altra esistenza o storia terrena.
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