VENEZIA – “Non so se ci sia una vera differenza, rispetto a un evento terribile come la morte di un figlio, tra la reazione maschile e quella femminile, l’elaborazione del lutto è una cosa molto personale e implica le nozioni di responsabilità, di colpa, di paura…”. A dirlo è Benjamin Vicuña, protagonista insieme a Elena Anaya di La memoria de l’agua, con cui il regista cileno Matias Bize ha indagato le devastanti conseguenze della morte di un figlio piccolo sulla coppia che lo perde.
Nel film – passato al Lido alle Giornate degli Autori dopo il successo, nella stessa sezione, del film precedente del regista La vida de los peces – Javier e Amanda devono affrontare una perdita avvenuta per la distrazione di un attimo, e capire se è possibile far sopravvivere la loro unione a questa lacerante cesura tra un “prima” e un “dopo”. L’attrice spagnola, rivelata da Lucia y el sexo e tra le muse di Pedro Almodòvar (è stata protagonista di La pelle che abito), ha accettato la chiamata di Bize senza esitazioni ma con un pizzico di inquietudine: “Conosco il suo lavoro e mi piace molto il suo sguardo peculiare sulle cose. Matias mi ha contattata dicendomi che aveva scritto una storia il cui personaggio aveva i miei occhi, che dovevo essere io. E io, che non ho figli, ho sentito la responsabilità di mettermi nei panni di qualcuno che vive un dolore così grande senza averlo vissuto, ma sapendo che purtroppo ci sono tante persone là fuori che hanno attraversato una situazione del genere”.
Al contrario il suo partner in scena ha vissuto davvero la grande tragedia di perdere una figlia piccola, ed è stato proprio lui a cercare il regista e a proporsi per il ruolo quando ha saputo di che storia si trattasse: “L’ho chiamato e ho manifestato il mio desiderio di prendere parte a questo progetto – ha detto a CinecittàNews l’attore cileno, attivissimo interprete di cinema, teatro e tv che fu al Festival del Cinema di Roma tra i protagonisti di Dawson. Isla 10 nel 2009 – è stata una necessità profonda dopo quello che ho vissuto e non so ancora perché l’ho fatto, a volte il corpo si lancia senza aspettare di sapere che ne pensano la mente e il cuore. Era importante per me fare un film sulle lotte del cuore, sulla capacità di riprendersi dopo una tragedia”.
“Benjamin è stato molto coraggioso a proporsi per il film – ha commentato Bize – La grande sfida in questo caso era raccontare una storia fortemente emotiva con delicatezza, senza sferrare colpi bassi allo spettatore. Non ho fatto nessuna ricerca prima di scrivere il film, per non rimanere vittima di pregiudizi che avrebbero inquinato il racconto, ma dopo ho parlato con tantissime persone che hanno subìto questo lutto. Lo stesso Benjamin, che ci è passato, dopo aver letto il copione mi ha detto che ciò che raccontavo era semplicemente la verità”. Nel prossimo futuro del cineasta cileno ci sarà di nuovo un film intorno al tema, a lui caro, della coppia, mentre Vicuña sarà tra i protagonisti di una serie tv dal titolo Entre canibales (Tra cannibali) diretta dal regista premio Oscar Juan José Campanella (Il segreto dei suoi occhi). Confermando la tendenza globale dei registi che dal grande schermo passano al piccolo, l’attore è stato anche tra i protagonisti della serie tv diretta da Pablo Larrain Profugos, andata in onda negli Stati Uniti e in America Latina, ma mai arrivata in Italia. Dal canto suo Elena Anaya ha da poco terminato e riprese di The Infiltration, dove interpreta il ruolo della moglie cilena di un mafioso (un personaggio realmente esistito) accanto ad attori come Bryan Cranston e Diane Kruger.
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