È bastato vederlo apparire sullo schermo con il suo sorriso calmo di sempre e i suoi occhi azzurri rassicuranti per sentirsi ricompensati di tutto l’impegno e la fatica e che io e Pedro Armocida abbiamo fatto per realizzare quel libro che Giuliano Montaldo si meritava già da tanti anni e che il festival di Pesaro ha deciso di regalargli proprio in occasione dei suoi novanta. Giuliano Montaldo: una storia italiana – questo il titolo del volume, edito da Marsilio, che ha accompagnato l’omaggio a lui dedicato in questa edizione del festival – analizza infatti per intero il corpus della sua opera, attraverso una serie di saggi che mettono a confronto critici di varia formazione.
A questi si aggiungono una lunga intervista firmata da David Grieco e un’analisi puntuale, film per film, di tutto il suo percorso cinematografico. Sabato 29 agosto, quindi, nell’ultima serata di festival, in collegamento pubblico su zoom, per la prima volta dopo il lockdown, Giuliano Montaldo ha dimostrato di non temere affatto la tecnologia (d’altronde come potrebbe, è stato lui il primo a sperimentare l’alta definizione nei primi anni ’80, quando per la maggior parte era ancora una frontiera molto lontana) ed è apparso sul grande schermo di Piazza del Popolo per salutare il pubblico in attesa di assistere alla proiezione de L’industriale (un momento particolarmente emozionante anche per il premio speciale che il Festival, a sorpresa, gli ha consegnato).
Proprio il suo ultimo film è stato oggetto di riflessione per il suo contenuto decisamente attuale. Nel film, Pierfrancesco Favino è un industriale che vive una doppia crisi: sul piano economico la sua azienda sta traballando in balia di banchieri avidi e insensibili, sul piano personale il rapporto con sua moglie Carolina Crescentini è compromesso da un’insensata gelosia che lo porta a progettare un omicidio. Sono evidenti i riferimenti a una crisi che viene da lontano (il film racconta la crisi del 2009, quella originata dai fallimenti statunitensi e dalla finanziarizzazione dell’industria), ma facilmente avvicinabile a quello che sta accadendo oggi, mentre è noto che la storia è un rifacimento di un altro suo film, Una bella grinta, girato negli anni ’60, a metà di quel decennio in cui la cosiddetta “congiuntura” mise fine alle molte speranze suscitate dal “miracolo economico”.
Che il cinema di Giuliano Montaldo abbia una forte capacità di collegare passato e presente, argomenti storici e tensioni contemporanee, è uno degli argomenti che hanno caratterizzato nel mattino di sabato la presentazione del libro. Alberto Crespi ha raccontato il suo punto di vista nei confronti di un regista che ha fortemente incentrato la propria vita sulla battaglia contro l’intolleranza sottolineando come sia riuscito a essere coerente a se stesso pur avendo affrontato produzioni molto diverse tra loro, da kolossal destinati al mercato mondiale a produzioni sperimentali a basso costo. E sempre Crespi ha raccontato alcuni episodi che sottolineano la travolgente ironia con la quale Montaldo ha sempre interpretato il mondo dello spettacolo: il suo impegno è sempre stato molto serio e mai serioso, la sua coerenza è assoluta ma non gli impedisce di essere uno dei narratori più divertenti dei tanti “dietro le quinte” che sono il vero fascino delle storie orali riguardanti il nostro cinema.
Cristiana Paternò ha invece raccontato il regista impegnato, ha illustrato come Montaldo sia a pieno titolo uno dei nomi più importanti del nostro “cinema civile” riuscendo però a conservare un’assoluta originalità per quanto riguarda le storie raccontate e il modo di raccontarle, anche con la capacità di andare contro luoghi comuni e scoprire aspetti trascurati, come nel caso de L’Agnese va a morire che, nel 1976, contribuisce al dibattito sulla cancellazione del contributo delle donne alla Resistenza. Mentre Steve Della Casa si è soffermato su quanto Giuliano Montaldo sia una figura al tempo stesso seminale ma unica all’interno della sinistra cinematografica italiana.
Ma il momento più alto della presentazione è stato sicuramente la proiezione della bellissima intervista che David Grieco ha realizzato per il festival di Pesaro proprio a Giuliano Montaldo. Un’ora di botta e risposta al tempo stesso rilassata ma profonda, due generazioni di cineasti e di militanti politici a confronto, una narrazione che scorre via allegra e interessante. La trascrizione di quella intervista, lo abbiamo detto, è uno degli apparati del volume edito da dalla Mostra, ma quell’intervista (visibile sul canale Youtube della Mostra) è decisamente un momento altissimo di riflessione sul cinema e sulla vita.
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