La Germania fa pace col passato


U-CarmenDel tutto scompaginati i pronostici della vigilia, la giuria di Roland Emmerich, tedesco di Stuttgart anche se diventato famoso a Hollywood con film come Independence Day, ha premiato un cinema emozionante, più fisico che intellettuale, e del tutto fuori dal seminato assegnando l’Orso d’oro a un film recitato in una lingua sconosciuta, il xhosa, U-Carmen eKhayelitsha, la Carmen delle township, un’eroina nera in un festival che tanto spazio ha dato all’Africa. Il vincitore, Mark Dornford-May, ha cinquant’anni ma è alla sua prima esperienza nel cinema, poiché viene dal palcoscenico, come del resto è un esordiente Gu Changwei, direttore della fotografia di due maestri come Chen Kaige e Zhang Yimou, che ha conquistato il Gran Premio della giuria con Kong que (Peacock), la storia quotidiana di una famiglia operaia cinese negli anni che vanno dal 1977 all’84.

 

Fin qui le sorprese. Più prevedibile che il vincitore “morale” di questa edizione fosse il film tedesco sull’unico episodio di Resistenza antinazista, quello del gruppo universitario di Monaco della Weisse Rose, la Rosa bianca. Sophie SchollNel cinquantenario del bombardamento di Dresda, avvenuto il 13 e 14 febbraio del ’55, la Germania ha un gran bisogno di venire a patti con il suo passato recente e la Berlinale l’ha dimostrato mettendo in programma diversi film storici sulla seconda guerra mondiale e i lager, tra cui anche l’ungherese Fateless, dal libro del premio Nobel sopravvissuto all’Olocausto Imre Kertész. Ecco dunque il doppio Orso d’argento agli ultimi giorni di Sophie Scholl, la ragazza giustiziata perché distribuiva volantini antinazisti. La giuria ha segnalato il regista Marc Rothemund e Julia Jentsch per l’interpretazione di un film che vedremo anche in Italia grazie all’ Istituto Luce, che proprio al festival ha siglato il contratto di distribuzione.

 

Gli altri premi segnalano il giovanissimo attore americano Lou Taylor Pucci, il succhiapollice del film di Mike Mills Thumbsucker, già notato al Sundance di Robert Redford. L’originalissimo Tsai Ming Liang che in The Wayward Cloud, ha inventato una storia d’amore punteggiata di momenti grotteschi e siparietti musicali, tra una ragazza sola e un po’ triste che cerca di resistere alla siccità e un attore porno a corto d’ispirazione. In comune i due hanno un oggetto misterioso che usano ciascuno a suo modo: l’anguria. Vedrete se non diventerà un film cult.

Sono piaciute le musiche di Alexandre Desplat per il francese De battre mon coeur s’est arreté di Jacques Audiard, remake dall’americano Toback (in Italia una riscoperta del Torino Film Festival) che narra di un giovane diviso tra il pianoforte e la trufffa.

Infine, tra i più amati dal pubblico, Paradise now del palestinese Hany Abu-Assad, sulle ultime 24 ore prima di un attentato kamikaze. Più che mai, purtroppo, attuale.

autore
19 Febbraio 2005

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