Vedi Parigi e poi scompari. Questo è stato, per troppi anni (con luminose eccezioni da Moretti a Calopresti) il triste e sconsolato refrain del cinema italiano in terra di Francia. Poche isole di tutela del “panda italiano” come Annecy, Montpellier, la vallona Villerupt e molto silenzio anche quando i nomi dei registi o la qualità dei film avrebbero meritato diverso trattamento. Per qualche anno si è intonata la canzone dei popoli cugini ma ormai divisi da reciproci pregiudizi e diffidenze, finché il cinema francese è tornato popolare sui nostri schermi e l’equazione 0=0 non ha più funzionato.
Per questo scalda il cuore leggere nella presentazione del “Festival du cinéma italien d’aujourd’hui” promosso dal “Progetto Filmare” del Ministero del Commercio Estero insieme alla Delegazione di Parigi dell’Ice e da Italia Cinema che i puntigliosi critici dei “Cahiers du Cinéma”, raccontano di un Pianeta Italia tutto diverso dalle (scarse) aspettative e che – parole di Charles Tesson, caporedattore – con questa manifestazione “ripariamo un torto di informazione, curiosità, passione, durato anche troppo a lungo”.
Il Festival, aperto mercoledì scorso con l’anteprima assoluta di L’ultimo bacio di Gabriele Muccino (presente insieme al produttore Domenico Procacci), si inserisce nelle celebrazioni dei 50 anni dei “Cahiers” ed è un caso unico nella programmazione e negli omaggi voluti quest’anno dai nipotini di Rohmer e Godard: nessun altro cinema nazionale, nessuna selezione di anteprime vi trova posto. Grande quindi la curiosità per Muccino, Corsicato, Estate Romana di Garrone (già definito la”vera scoperta” della rassegna), ), Piccioni e soci davanti al gigantesco schermo del Cinéma Arléquin in piena Montparnasse.
Qui il direttore di Italia Cinema cede il passo al cronista e testimonia di un successo “trasversale” per L’ultimo bacio, di un pubblico attento e puntiglioso nelle domande e negli apprezzamenti per I buchi neri e Chimera, appassionato e caloroso per il fantastico Il mio viaggio in Italia di Martin Scorsese che della rassegna è l’ideale “testimonial”. Ma il tripudio autentico, l’esaltazione collettiva e giovanissima – “è un pubblico nuovo anche per i Cahiers” dice il direttore Frank Nouchi – è venuto ieri sera per Non ho sonno di Dario Argento che uscirà in Francia a febbraio col titolo Le sang des innocents. “Una serata bellissima, un entusiasmo che fa bene al cuore dalla mia patria d’adozione – commenta Dario Argento ringraziando i fans in delirio – l’unico posto dove andrei volentieri anche in esilio”.
Subito prima dell’avvio del “Festival Cahiers” (che ha scelto come manifesto un’immagine di Iaia Forte, eletta a furor di popolo icona del nuovo femminino italiano), anche Luciano Emmer cominciava la sua avventura distributiva a Parigi con Una lunga lunga lunga notte d’amore, mentre tra pochi giorni toccherà al festival di Annecy riprendere il testimone. Sono segni fausti? “Troppo presto per essere entusiasti – osserva Massimo Mamberti, direttore dell’ICE di Parigi – ma ci dà coraggio per quando, tra poco più di un mese, avvieremo il programma di un’anteprima al mese sempre all’Arléquin. Ci vorrà tempo per ricreare una moda italiana, ma l’attenzione di riviste autorevoli come ’Le Monde’, ‘Libération’ che ad Argento ha tributato un vero peana, ‘Le Figaro’, ci dice che andiamo sulla strada giusta”. Chi non teme docce scozzesi è l’ambasciatore italiano a Parigi, Di Roberto, che ha ricevuto la delegazione italiana e il rappresentante del Commercio estero, Franza, con tutti gli onori, come quegli artisti italiani che al tempo della Commedia dell’Arte a Parigi dettavano legge e creavano ogni volta un evento.
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