La caccia alle streghe di Thomas Vinterberg


CANNES – Non sono solo i bambini, le vittime della pedofilia. In The Hunt (Jagten), in concorso a Cannes, il regista danese Thomas Vinterberg mette in scena una kafkiana vicenda, basata su fatti reali, in cui un innocente viene perseguitato perché sospettato appunto del ‘crimine supremo’. La base è simile all’atroce e bellissimo Presumé Coupable di Vincent Garenq, visto a Venezia alle Giornate degli Autori, e altrettanto inquietante. Il regista, che tutti ricordiamo per Festen (1998), rende il plot con stile classico e realistico, proprio per sottolineare la crudeltà che una pscicosi di massa riesce a generare: Lucas (Mads Mikkelsen) viene emarginato, picchiato, tormentato in ogni modo possibile dagli abitanti del piccolo villaggio dove vive, come in una moderna “caccia alle streghe”, come la definisce lo sceneggiatore Tobias Lindholm. “Per me si tratta di questo. E’ un film su una comunità che dà la caccia a una persona. E’ una psicosi che capisco, sono diventato padre mentre lavoravo a Submarino proprio con Vinterberg, e questo in qualche modo ci ha spinti a scegliere questo soggetto quando siamo tornati a lavorare assieme”.

“Per me – sottolinea il regista – i bambini in tutto ciò restano comunque vittime. I luoghi comuni ci portano a pensare che dicano sempre la verità, come gli ubriachi. Ma non è vero. A volte i bambini mentono. Ma lo fanno, come in questo caso, per soddisfare le richieste degli adulti. E’ un film sulla perdita dell’innocenza. A un tratto, nella vita, ti ritrovi circondato da organi genitali e tutto diventa più freddo e spaventoso”.

“Non è un thriller – dichiara Mikkelsen, che qui dimostra di saper fare anche altro oltre al ‘cattivo’ di James Bond – Si capisce subito che il protagonista è innocente. Per me la sua forza è la determinazione. Si sente innocente e vuol continuare a vivere la sua vita, a vedere i suoi amici, a far la spesa nel suo supermarket, anche se non è certo facile”.
“Sia chiaro – aggiunge Vinterberg – che per me nel film nessuno tradisce nessuno. Le donne che attaccano Lucas sono convinte di essere dalla parte del giusto, vogliono proteggere i loro bambini. E’ il problema di questi casi. Non si sa quale sia davvero la verità”. In Italia lo sappiamo bene, dopo l’oscura vicenda di Rignano Flaminio.

“Ma io capisco e amo i miei personaggi femminili e in particolare le attrici che li interpretano – tra cui spicca la direttrice della scuola Susse Wold – Sì, io sono un genio – scherza poi – ma il vero lavoro l’hanno fatto loro. Il mio paese è pieno di storie oscure, è vero, ma io lo amo. E questi fatti che descrivo lo rappresentano solo in parte. In realtà, somigliamo agli Hobbit nella loro contea”.

Vinterberg coglie l’occasione per raccontare il suo percorso artistico: “Festen ha rappresentato per me la conclusione di qualcosa. Dopo, continuare in quella direzione sarebbe stato come cercare di cogliere frutta da un albero che non ne aveva più. Forse non mi avete visto, ma non sono scomparso in tutti questi anni. Ci sono sempre stato, ho fatto cose di cui vado orgoglioso, ora torno a un modo di fare cinema molto più classico, che ho imparato all’accademia, prima di Festen e prima di Dogma. Sono orgoglioso di essere a Cannes – dice poi – è l’unico festival che concede lo stesso spazio a grandi kolossal e ai piccoli film, indipendenti e personali. Non cadrò nel gioco della competizione, rispetto gli autori di tutti gli altri film in concorso, anche se non li ho visti. Per me è già una vittoria essere qui”.

E chiude con una riflessione, ancora sul film: “Il concetto alla base di The Hunt è che in un microcosmo, le voci corrono veloci, la malizia e le maldicenze ben presto costruiscono un mito, una bugia, su una persona. Oggi, con Internet, che velocizza tantissimo le comunicazioni, corriamo rischi analoghi su larga scala. Il mondo potrebbe facilmente trasformarsi in un piccolo villaggio”.

autore
20 Maggio 2012

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