BELLARIA – Ombre scure, presenze arcaiche che attraversano con lentezza le viuzze di un paese incongruamente puntellato da palazzi dai colori accesi. Donne anziane perennemente vestite a lutto che alimentano un fitto dialogo con la morte mentre, sempre accesa, la tv sputa immagini pop e linguaggio giovanile, come una finestra aperta sulla luna. Nel documentario L’uomo sulla luna, in concorso al Bellaria Film Festival, Giuliano Ricci porta uno sguardo partecipe e poetico sul cuore della Sardegna, dove nel villaggio di Orune, tra i monti della Barbagia, scruta i volti e le parole di quattro anziane vedove che sopravvivono circondate da fantasmi e da storie di violenza, da riti pagani e gigantografie dei Papi. Da sangue e vendetta alternati a jingle televisivi, che riescono a far coesistere con la feroce intensità dei sogni premonitori che fungono da guida alla loro esistenza tra i defunti.
Ispirato da Visiones, i sogni dei pastori dell’antropologo Bachisio Bandinu, che “grazie ai sogni premonitori traccia una mappatura dell’immaginario di una popolazione attraverso i suoi simboli ricorrenti”, L’uomo sulla luna è stato girato tra Orune e alcuni paesini nei dintorni, tra cui Orgosolo e Mamoiada, di cui viene mostrato il carnevale. “Lo considero una sorta di prosecuzione del mio lavoro precedente, Non c’è più una majorette a Villalba – ha detto il regista a CinecittàNews, media partner del festival – che invece era ambientato in un paese dell’entroterra siciliano. Ho usato lo stesso metodo dell’osservazione partecipata dopo essermi inserito in una comunità di cui ho acquisito la fiducia. Ero mosso dal desiderio di raccontare come le persone anziane, in una piccola realtà locale, vivano il cambiamento”.
Queste quattro donne, i volti solcati dalle rughe e gli occhi pieni di ricordi e suggestioni di una terra dura e vendicativa, raccontano alla telecamera i loro sogni, oppure discutono tra loro o con la tv, dando vita a scene degne della miglior commedia all’italiana. “È impressionante come queste anziane interpretino i loro sogni come dei film, il loro trasformarli in racconto è una vera e propria forma di montaggio – sottolinea Ricci – che fa esplodere il significato del rapporto tra immagine e immaginario”. Racconti di grande spontaneità – “perché – aggiunge – le persone di una certa età si scordano presto della telecamera e hanno meno filtri” – che tessono “un mondo di relazioni basato sul silenzio e sul non detto, qualcosa di tipicamente sardo”. Dopo la Sicilia e la Sardegna, prossima tappa di Giuliano Ricci – oltre ai prossimi festival in cui porterà L’uomo sulla luna – sarà Milano, dove “ho in progetto un film sull’ippodromo e il suo microcosmo molto metaforico del presente, popolato di personaggi disperati, segnati dalla crisi, che si giocano tutto. Sarà basato più sull’osservazione e meno sulle interviste”.
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