L’uomo che non cambiò la storia: è questo il titolo del film del giornalista e sceneggiatore Enrico Caria, presentato fuori concorso (in collaborazione con le Giornate degli Autori) all’edizione numero 73 del Festival di Venezia. Il documentario, prodotto e distribuito dall’Istituto Luce – Cinecittà e liberamente tratto da Il viaggio del Führer in Italia, di Ranuccio Bianchi Bandinelli, ripercorre la storia vera di uno dei più illustri archeologi italiani, Ranuccio Bianchi Bandinelli, appunto, che nel 1938 incrocia sul suo percorso Hitler e Mussolini. In occasione del famoso viaggio di Hitler in Italia, lo studioso viene infatti invitato a fare da guida sia al Führer che al Duce nei principali musei e siti archeologici. Un incarico d’onore per il regime fascista, che aveva fatto di Bandinelli una delle italiche eccellenze. Ma degli allori del fascismo l’archeologo farebbe volentieri a meno vista la sua profonda avversione verso la dittatura… Quando però l’invito si trasforma in un ordine perentorio, allo studioso non resta che accettare. Resosi conto che nessuno lo perquisisce e lo controlla Bandinelli capisce che potrebbe cambiare il corso della storia. È in quel momento che prende forma nella sua mente il folle piano di uccidere i due dittatori. La Storia ci ricorda bene quale fu il corso degli eventi, mentre il documentario ci racconta un possibile e ben più intrigante sviluppo, rendendo attuale l’indimenticabile lezione tenuta ai due dittatori dal professore. “Ranuccio Bianchi Bandinelli ė figura notissima fra gli storici dell’arte e gli archeologi italiani – ha dichiarato Alberto Barbera, direttore della Mostra di Venezia – Meno noto il fatto che, costretto a far da guida a Hitler e Mussolini in occasione del primo viaggio in Italia del Führer, si fosse interrogato sull’opportunità di organizzare un attentato per togliere di mezzo gli ingombranti dittatori. Caria ricostruisce con ironia e precisione documentale l’incredibile vicenda, che suscita ancora oggi interrogativi di grande attualità”.
Sarà Microcinema a distribuire nelle sale italiane il film Leone d'Oro 2016, The woman who left, nuovo capolavoro di Lav Diaz. La pellicola, che nonostante il massimo riconoscimento al Lido non aveva ancora distribuzione e che si temeva restasse appannaggio soltanto dei cinefili che l'hanno apprezzata alla 73esima Mostra di Venezia, sarà quindi visibile a tutti, permettendo così agli spettatori del nostro Paese di ammirare per la prima volta un'opera del maestro filippino sul grande schermo
Il film di Denis Villeneuve segnalato dalla giuria di critici e giornalisti come il migliore per l'uso degli effetti speciali. Una menzione è andata a Voyage of Time di Terrence Malick per l'uso del digitale originale e privo di referenti
Il direttore della Mostra commenta i premi della 73ma edizione. In una stagione non felice per il cinema italiano, si conferma la vitalità del documentario con il premio di Orizzonti a Liberami. E sulla durata monstre del Leone d'oro The Woman Who Left: "Vorrà dire che si andrà a cercare il suo pubblico sulle piattaforme tv"
Anche se l’Italia è rimasta a bocca asciutta in termini di premi ‘grossi’, portiamo a casa con soddisfazione il premio Orizzonti a Liberami di Federica Di Giacomo, curiosa indagine antropologica sugli esorcismi nel Sud Italia. Qualcuno ha chiesto al presidente Guédiguian se per caso il fatto di non conoscere l’italiano e non aver colto tutte le sfumature grottesche del film possa aver influenzato il giudizio finale: “Ma io lo parlo l’italiano – risponde il Presidente, in italiano, e poi continua, nella sua lingua – il film è un’allegoria di quello che succede nella nostra società". Mentre su Lav Diaz dice Sam Mendes: "non abbiamo pensato alla distribuzione, solo al film. Speriamo che premiarlo contribuisca a incoraggiare il pubblico"