L’ORSA D’ORO


“Mi dispiace per Nanni Moretti, ma le scelte dell’Academy non dipendono da noi. Qualche politico si è rallegrato dell’esclusione dall’Oscar? Beh, non si dovrebbero mai mescolare arte e politica, è una cosa che non amo”. All’inevitabile domanda sul dibattito che scalda l’Italia in questi giorni, tra Oscar mancato e dichiarazioni del regista romano, Claudia Cardinale risponde con diplomazia e un imperturbabile sorriso.
Perché dovrebbe guastarsi la sua giornata alla Berlinale, lei che non ha mai litigato con nessuno in vita sua. Questa sera le consegneranno un Orso d’oro alla carriera, poi si spegneranno le luci del FilmPalast e la rivedremo, simbolo di sensualità e bellezza, in Otto e mezzo di Fellini, pezzo forte della Retrospettiva sugli anni ’60.

Occhi truccatissimi dietro alle lenti fumé, rughe portate con orgoglio e capelli raccolti, Claudia è accolta dall’applauso dei giornalisti stranieri. Alle domande risponde in inglese e francese… “ma non parlo tedesco” si scusa. Ha tre patrie dichiarate – “ho radici tunisine, nazionalità italiana e cultura francese” – ma da undici anni vive a Parigi e in Italia lavora ben poco. “Gli autori italiani mi hanno dimenticato, a parte Pasquale Squitieri. L’ultimo film l’ho fatto con Lelouch e Jeremy Irons, in Marocco”, si rammarica. Verrà nel nostro paese in tournée teatrale, con il pirandelliano Come tu mi vuoi allestito appunto da Squitieri. “Ancora palcoscenico, due anni dopo La Venexiana: e con questa voce.”, scherza. Ma subito accende una sigaretta.

Signora Cardinale, che effetto le fa l’Orso d’oro?
È un grande onore. Al festival ero già stata, per esempio con Un été à La Goulette, ma questo è un onore particolare. E pensare che ho fatto cinema per caso. Per sei mesi ho detto no a Omar Sharif che mi voleva a tutti i costi, ma hanno tanto insistito. Poi ho vinto il titolo di più bella italiana di Tunisi e mi hanno mandata in viaggio premio a Venezia, io che ero così introversa e amavo il deserto.

Ha interpretato centocinquanta film, cosa pensa del cinema contemporaneo?
Ho iniziato negli anni ’60, un periodo fantastico, specie in Italia: ho lavorato con Visconti, Fellini, Zurlini, Bolognini, purtroppo non con Antonioni, un mio carissimo amico. Adesso ci sono molti effetti speciali, troppi.

Si sente una diva irraggiungibile?
Non ho guardie del corpo, parlo continuamente con la gente, ricevo tantissime lettere. Sono ambasciatrice dell’Unesco, faccio tantissime cose. No, non mi sento una diva e meno che mai irraggiungibile.

Qual è il segreto della sua eterna giovinezza?
Eterna giovinezza?! Sono molto attiva, faccio ginnastica, cammino, pratico sport e non ho mai fatto un lifting.

Cosa ricorda del suo primo giorno di riprese?
Fu terribile. Era sul set dei Soliti ignoti di Monicelli. Io parlavo solo francese. Dovevo sbattere la porta in faccia a Renato Salvatori: l’ho fatto per davvero e gliel’ho spaccata.

Lei è nata a Tunisi. Cosa pensa dello stereotipo degli arabi terroristi così diffuso specie dopo l’11 settembre?
Amo l’Africa e gli arabi. E penso che terroristi ce ne siano ovunque.

Qual è il suo film preferito?
Ne amo molti. Il gattopardo, La ragazza di Bube, La ragazza con la valigia, Otto e mezzo. Non posso scegliere.

Lei ha incontrato alcuni tra gli uomini più belli del mondo. Ne ricorda qualcuno in particolare?
Sono sempre stata circondata di uomini bellissimi. Burt Lancaster, Alain Delon… Ma non ho mai mescolato lavoro e vita privata. Il mio uomo preferito è il mio compagno, Pasquale.

Cosa le piace del cinema italiano di oggi?
È difficile conoscerlo stando a Parigi. Prima c’erano tante coproduzioni e i film italiani uscivano ovunque, adesso non più. Arriva Benigni e pochi altri.

Nel ’63 lei ha girato, quasi contemporaneamente “Il Gattopardo” e “Otto e mezzo”.
Sì e siccome Visconti e Fellini si odiavano, uno mi volle bionda e l’altro bruna, così dovevo cambiare continuamente colore dei capelli. Poi erano diversissimi: Fellini improvvisava tutto, ci faceva dire i numeri e sorridere; Visconti faceva provare la sceneggiatura seduti attorno a un tavolo, come a teatro, era perfezionista.

Il più bel complimento mai ricevuto?
Me lo fece David Niven: “sei la migliore invenzione italiana dopo gli spaghetti”.

autore
15 Febbraio 2002

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