VENEZIA – C’è il tabù di Scientology che aleggia sulla affollatissima conferenza stampa di Paul Thomas Anderson e dei suoi due splendidi attori Philip Seymour Hoffman e Joaquin Phoenix. E’ arrivato finalmente in concorso, The Master, il film sorpresa e il più atteso di questa Mostra. E con The Master sono arrivate schiere di giornalisti stranieri per vedere in prima mondiale un film misteriosissimo. Un’opera che conferma il talento potente e la violenza mentale del regista del Petroliere e di Magnolia, applaudita dai critici in proiezione, ma per alcuni sconcertante e quasi impossibile da decifrare, per altri deludente come tutte le cose troppo attese. Forse proprio perché spinge sul pedale dell’assurdo e dell’incomprensibile nel costruire una vicenda di certo ispirata alla biografia di Ron Hubbard, fondatore appunto di Scientology e uomo dalla biografia controversa. La sua somiglianza con Philip Seymour Hoffman è abbastanza evidente e anche la Causa – così si chiama la setta che vediamo nascere e irrobustirsi – riprende i principi della Dianetics e quell’insieme di perversione sessuale, avidità di denaro e manipolazione psicologica.
Insomma, le domande sul tema fioccano ed è impossibile evitarle. Cosa ne pensa del film Tom Cruise, che Anderson aveva diretto in Magnolia? “Tom ha visto il film, ma tutto il resto sono fatti nostri”, replica secco il regista. Mentre Phoenix lascia addirittura il tavolo, per tornare dopo un po’, e Hoffman non si sbilancia più di tanto. Alla fine Anderson ammette: “Conosco molto bene la storia di Ron Hubbard, il metodo di autoaiuto di Dianetics, l’inizio della setta di Scientology e non dico che non mi abbia influenzato per questo film, ma non parlo dell’oggi, mi concentro sugli anni ’50”. La prudenza è pienamente giustificata dal potere degli “scientologi” a Hollywood, tanto che si parla di un possibile boicottaggio per The Master, nonostante dietro ci sia un produttore forte come Harvey Weinstein. In Italia, invece, non ci dovrebbero essere problemi (anche se gli adepti sono 8 milioni in tutto il mondo e anche da noi): l’uscita, con Lucky Red, è già fissata all’11 gennaio.
Il film, girato in 70 mm, si apre sul personaggio di Freddie (Joaquin Phoenix), un reduce della seconda guerra mondiale, alcolizzato e borderline, ossessionato dal sesso, totalmente autodistruttivo. Lo seguiamo nel suo pellegrinaggio senza senso fino al momento in cui si imbatte per caso, salendo su una nave durante una nottata alcolica, in uno strano scienziato (Philip Seymour Hoffman) che si porta dietro una corte di seguaci, tra cui la giovane moglie e consigliera (Amy Adams), incinta per la seconda volta. Il maestro sta mettendo a punto un metodo con cui dice di liberare le persone da traumi di vario genere, mettendole anche in contatto con le proprie vite precedenti. Ma la vicenda si concentra soprattutto sui due protagonisti, che sono sin dal primo momento uniti da un legame fortissimo, addirittura magnetico, e condividono molte cose, al di là delle apparenze. “E’ come una storia d’amore, non un legame padre-figlio e neppure servo-padrone, ma c’è qualcosa di misterioso che li unisce”, dice Paul Thomas Anderson. Aggiunge Hoffman: “Sono fatti della stessa materia, sono entrambi bestie selvagge che vogliono addomesticarsi a vicenda. Anche noi ogni mattina usciamo di casa e diciamo: perché non posso correre nudo, mangiare merda e fare sesso con tutti quelli che incontro?”. E il regista smentisce di aver voluto raccontare in qualche modo la mania dell’America per le sette e il fanatismo religioso di certi gruppi. “Potrebbe avvenire ovunque, dove ci sia un mentore e un seguace, un seguace che poi abbandona il suo maestro”.
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