“Alla fine degli anni ‘70 Enrico Ghezzi ha circa trent’anni e impugna la sua prima videocamera dando avvio, inconsapevolmente, al suo archivio privato. Quarant’anni dopo, quell’archivio conta più di 700 ore di girato e ha il pregio di contenere un enorme e impreciso sguardo sul pianeta, un corpo di voci critico e dialogante, la traccia di una vita affettiva ricca”. Con queste parole Alessandro Gagliardo presenta il documentario Gli ultimi giorni dell’umanità che dirige insieme allo stesso Enrico Ghezzi, critico cinematografico, regista, autore e presentatore tv tra i più influenti di sempre.
Il film, prodotto da Matango con Rai Cinema e Cinecittà, sarà presentato come evento fuori concorso alla 79ma Mostra del Cinema di Venezia. Un film mastondotico – dura circa tre ore – che vuole essere la summa sul lavoro e sulla poetica di un autore che è stato sempre caratterizzato da una voce unica e riconoscibile. Gli ultimi giorni dell’umanità prende in prestito il titolo dalla tragedia di Karl Kraus, che racconta lo scoppio della prima guerra mondiale, per raccontare i cambiamenti epocali degli ultimi decenni attraverso i volti e le voci di alcuni dei personaggi più memorabili di quegli anni.
L’archivio di immagini di Enrico Ghezzi, infatti, vanta una serie di figure di rilievo tra cui Bernardo Bertolucci, Michael Cimino, Quentin Tarantino, Ermanno Olmi, John Carpenter, Dario Argento, Abel Ferrara, David Lynch, Mario Martone, Franco Battiato, Werner Herzog e tanti ti altri, oltre ovviamente allo stesso Ghezzi e ai suoi familiari, colleghi e amici, protagonisti di una parte rilevante delle riprese.
Ma non finisce qui. All’archivio privato di Enrico Ghezzi si aggiungono l’Archivio Ruptly, che racconta le vicende della cronaca globale dal 2012 a oggi; l’Archivio Dana Ranga, che raccoglie centinaia di ore di immagini dello spazio, dagli anni ’80 a oggi; infine l’attraversamento della storia del cinema che mette insieme più di 600 film, esito mnemonico dell’innamoramento di Enrico Ghezzi verso titoli, autori e attori, dai Lumière ai giorni nostri.
L’approccio alla composizione filmica rispecchia lo stile fluido e dirompente dell’autore: “La sceneggiatura si costituisce come una partitura in itinere – rivela ancora Gagliardo – che assume forma col definirsi del film riuscendo a orientarne la composizione poiché la scrittura è capace di organizzare un montaggio ancora più libero rispetto alle immagini. L’organizzazione poetica del testo muta il film, l’esplorazione del materiale (che costituisce il film) muta la scrittura”.
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