VENEZIA – “Il calcio è il teatro del mondo. Dentro c’è tutto: rito e farsa, gladiatori e truffatori, e mi stupisco che qualcuno non abbia fatto prima un film così, e che non si peschi mai abbastanza da quell’universo”. Parola di Paolo Zucca, che con la sua opera prima L’arbitro ha (pre)aperto la decima edizione delle Giornate degli Autori guadagnandosi un bel gruzzolo di applausi.
Novanta minuti “più recupero” per un film che – evoluzione del cortometraggio omonimo che nel 2009 fece meritare molti premi al regista – racconta le strane vicende di un arbitro internazionale, un allenatore cieco, una ragazza fiera, un goleador innamorato e un pastore molto vendicativo. Mescolando, su un elegante bianco e nero, “alto e basso, comico e tragico, epico e grottesco, paesano e internazionale, in una commistione di generi realizzata con determinazione scientifica”, spiega Zucca. In campo, letteralmente, c’è un inedito Stefano Accorsi nei panni di un giudice di gara ambìto e ambizioso, che punta alla finale di Champions e si muove con l’eleganza di un ballerino tra le zolle del rettangolo verde. Il suo percorso tra le trame del football internazionale scorre parallelo a quello, rurale e sanguigno, di una squadretta sarda di terza categoria, l’Atletico Pabarile, che puntualmente viene umiliata dai rivali del Montecrastu guidati dal “perfido” Brai (Alessio di Clemente). E quindi a quello di Matzuzi (Jacopo Cullin), bomber che fa risalire in classifica il Pabarile ma fluttua tra le onde dell’infatuazione per Miranda (Geppi Cucciari), antica fiamma giovanile. In mezzo si insinuano la corruzione e le manovre del calcio dei massimi livelli, i rituali sacri dell’agone calcistico, una rinnovata parabola cristologica e una faida legata agli arcaici codici della pastorizia.
A presentare il film al Lido, insieme al regista e diversi membri del cast, c’era la strana coppia Accorsi-Cucciari: “Questa è la seconda volta in vita nostra che ci vediamo – dicono divertiti i due attori – non ci siamo mai incontrati sul set e prima di Venezia ci siamo visti solo quando abbiamo presentato il film a Riccione”. E mentre Accorsi confessa di essersi “divertito molto a studiare la gestualità degli arbitri e reinventarla sotto forma di balletto” per scene che sfiorano il musical, e ricorda che il giudice di gara è “un uomo che vive di solitudine e per cui l’ambizione è fondamentale. Deve e vuole arbitrare bene, ma quando lo fa non se ne parla”, Paolo Zucca spiega che, per il suo personaggio, si è ispirato all’arbitro Rosetti, “assolutamente non per quel che riguarda la moralità, visto che nel mio film l’arbitro è corrotto, ma per quel suo modo moderno e ‘piacione’ di gestire il suo lavoro”. Ne L’arbitro fa poi una divertente incursione anche Francesco Pannofino che, indossata la divisa nera, diventa l’arbitro Mureno, che si vende una partita senza troppe storie: “Ovviamente il riferimento è al famoso arbitro Moreno, reso noto dalle vicende dei Mondiali del 2002: un personaggio da commedia dell’arte, un concentrato di ambiguità”, sottolinea il regista. Prodotto dalla Classic di Amedeo Pagani – “un pazzo buono che condivide con me il bisogno di originalità nel nostro cinema”, dice Zucca – L’arbitro è realizzato in collaborazione con Rai Cinema e sarà nelle sale il 12 settembre con Lucky Red. Mentre nel futuro di Stefano Accorsi ci sarà il nuovo film di Giulio Manfredonia, attualmente sul set – “una commedia cugina di Si può fare” – e in quello di Geppi Cucciari l’uscita in sala a febbraio di Un fidanzato per mia moglie di Davide Marengo, in cui è al fianco di Luca e Paolo.
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