L’animazione italiana? Un mito


Non c’era soltanto il poetico Pinocchio di Enzo D’Alò a rappresentare le produzioni d’animazione di casa nostra alla 69ma Mostra di Venezia. Cartoons on the Bay in Venice, infatti, ha conferito il Premio Kineo – Diamanti a un’altra piccola grande creatura che porta la firma della Scuola Romana dei Fumetti, un’autentica istituzione che da 20 anni, con l’ausilio dei corsi tenuti da riconosciuti professionisti del settore, aiuta i giovani a formarsi nel campo dell’arte visuale, che si tratti di strisce cartacee o di cartoni per la tv.

 

Parliamo di Ulisse – Il mio nome è nessuno, serial a cartoni prodotto da RaiFiction e realizzato per buona parte – soprattutto la pre-produzione – dagli autori della scuola: da Massimo Rotundo che si è occupato del character design a Stefano Santarelli e Massimo Vincenti che hanno coperto l’aspetto narrativo creando i soggetti e le sceneggiature dei vari episodi, fino a Claudio Bruni che ha fatto da aiuto regista all’uomo dietro al timone, Giuseppe Maurizio Laganà .
Con una conferenza stampa nel suggestivo bar della Pace a Roma, gli autori festeggiano la messa in onda della serie e i vent’anni di insegnamento.

“E’ un premio piccolo – dice Laganà – ma molto importante. Forse è un nostro complesso, ma si ha sempre l’impressione che negli articoli dei giornali ci si dimentichi spesso che ai festival partecipano anche i cartoon. Che invece popolano da sempre la fantasia di tutti, basti pensare ad esempio al successo che ottengono le band che suonano sigle di serie a cartoni. Quel che speriamo è che il premio ci permetta di crescere e di realizzare altre cose, dando spazio ai giovani e alle loro idee. Il problema è che forse oggi all’animazione è dedicato poco spazio. Sulla Rai ne passano pochi, ormai sono tutti sul digitale terrestre e spero che questa tendenza non mortifichi il genere”.

“Ciò di cui andiamo fieri – dichiara Rotundo – è di essere riusciti a portare il tutto a un livello alto nonostante si tratti di una serie rivolta ai bambini e ai ragazzi. Abbiamo evitato i luoghi comuni, la Grecia dei tempietti e del peplum. Ci siamo rivolti invece alla vera arte arcaica, proprio per evitare un’iconografia fin troppo classica, da ‘pupi siciliani’. E’ la dimostrazione del fatto che se anche fai un prodotto commerciale, puoi comunque inseguire la qualità, e funziona. In Italia questo ragionamento si fa poco: o si fa qualcosa di altamente culturale, magari rivolto a pochi eletti, o si sceglie la serie B”.

“Tutto è nato casualmente – racconta Santarelli – da una cena con Roberto Ormanni, direttore della rivista ‘Golem’, che per primo ha dato l’idea. La Rai, poi, ci ha accolti e le siamo certo grati di non averci ostacolati. C’è da dire che al mito greco ci siamo legati da sempre. Uno dei primi lavori che abbiamo svolto, per la Mondadori, è stata proprio la realizzazione dei Miti Greci a Fumetti curati da Luciano De Crescenzo”.

 

E per il futuro? “Non è facile coinvolgere i ragazzi nel processo che sta dietro alla realizzazione di un cartoon – commenta Rotundo – l’allievo medio si sente già un autore, vuole firmare, immagina già il suo nome su un cartonato, mentre lì si tratta di lavorare in squadra, per molte ore filate. E’ tecnicamente difficile: bisogna equilibrare la fluidità dei movimenti e il mantenimento delle proporzioni. C’è tanta gavetta da fare, è un lavoro ‘da coreani’. Questo spesso li scoraggia, ed è un peccato, perché alcuni sono bravissimi”.

“Però – dice Santarelli – quando capiscono che il mondo del fumetto, essendo gestito privatamente, è assolutamente meritocratico, prendono slancio. E’ un mondo in cui non c’è raccomandazione che tenga, riesci se sei bravo. Per questo, noi come scuola seguiamo un principio etico molto forte: non illudiamo nessuno e non cerchiamo allievi a tutti i costi. A nessuno diciamo ‘farò di te una star’, anche perché in questo campo le illusioni creano disastri. Puoi anche spendere milioni, ma non è detto che riuscirai a fare questo lavoro, perché i fattori sono tantissimi, magari manca il talento, magari la determinazione. A volte abbiamo sbagliato in altro senso. A qualcuno abbiamo detto ‘lascia stare, non farai mai questo mestiere’ e dopo qualche mese ce lo siamo ritrovato professionista. Ma meglio sbagliare così, che incoraggiare qualcuno solo per motivi mercantili. D’altro canto, dalle nostre fucine sono nati effettivamente dei talenti, da Stefano Caselli, prima firma italiana della Marvel statunitense, a Marco Gervasio, ormai affermato in casa Disney. E alcuni di loro ora sono soci della scuola e agiscono con noi fondatori alla pari”.

 

E per meglio supportare i giovani talenti, la scuola entra nel circuito Usif, unione scuole italiane del fumetto, che funge da consorzio e marchio di qualità unendo le forse con la Scuola di fumetto di Milano e la sua consociata di Palermo, l’Accademia del Fumetto di Pescara, la Scuola Italiana di Comix di Napoli, la Scuola Internazionale del fumetto di Cagliari, con riconoscimento reciproco degli attestati di frequenza e scambi programmati di docenti e studenti. Arriverà mai un Ulisse 2? “Noi lo vorremmo – conclude Vincenti – e lo proporremo. Dopodiché, beh…speriamo riesca a superare le Colonne d’Ercole!”

autore
25 Settembre 2012

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