VENEZIA – “Aspettiamo il giorno in cui verremo a Venezia e troveremo 17-18 film diretti da donne e uno o due diretti da uomini. Quel giorno non si farà nemmeno più caso se una regista è donna o uomo, mentre oggi c’è ancora bisogno di ragionare su questo, perché le statistiche non ci rendono felici. In Australia le donne nel cinema sono il 15%, e il loro impatto finanziario è ancora più basso”. Unica regista donna in concorso alla 72/a Mostra di Venezia insieme a Laurie Anderson, Sue Brooks ha presentato oggi il suo Looking for Grace, che di femminile ha anche la direzione della fotografia, la compagine produttiva e naturalmente il cast, dominato dalla giovanissima Odessa Young, astro nascente del cinema australiano che interpreta un’adolescente in fuga dalla famiglia attraverso i grandi spazi della “cintura del grano”.
Presente al Lido anche nel film di chiusura delle Giornate degli Autori The Daughter, l’attrice diciassettenne (ma molto matura e determinata) è stata scelta quasi per caso: “Avevo talmente tante cose da fare insieme che ho perso il primo provino di Odessa – ha raccontato la regista – ma un mio collaboratore me l’ha segnalata e l’ho provinata di nuovo insieme a Kenya Pearson, l’altra attrice della sua età: insieme erano esplosive”. Nel film Odessa Young diventa la Grace del titolo, sedicenne ribelle che ha rubato un bel gruzzolo ai genitori ed è scappata. Le motivazioni, il percorso, i drammi, i segreti, le bugie, ma anche l’umorismo legati al suo viaggio si sveleranno pian piano lungo la storia, raccontata dai diversi punti di vista dei personaggi che incrociano la sua fuga: un trasportatore che si è portato il figlioletto sul camion, un detective in pensione e i genitori di Grace, che quest’ultimo accompagna nella ricerca della figlia.
“Sono contenta di sapere che si ride vedendo Looking for Grace – ha commentato Brooks – è stato il primo mio film di cui ho scritto anche la sceneggiatura e ho scoperto che se permetti al subconscio di emergere nella scrittura è come se firmassi un patto con gli dei”. Nel percorso esistenziale di Looking for Grace, tra dramma, ironia e malinconia, il destino gioca un ruolo molto importante: “Sono ossessionata dal fato – ammette la regista – è qualcosa che mi stupisce e mi diverte: da un certo punto di vista non lo accettiamo, dall’altra fa parte della nostra vita”. Altrettanto decisivo è lo sterminato paesaggio australiano, “che, a contrasto con gli spazi chiusi e quindi protettivi delle case, dà come una vertigine di vuoto, di ignoto nel quale ci si sente esposti, senza scudi”.
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Il delegato generale della Settimana della Critica, a fine mandato, analizza lo stato di salute del nostro cinema in un'intervista al sito Quinlan. "Il cinema italiano è malato, malato di qualcosa che non lascia sviluppare quei talenti – che a questo punto non so nemmeno più se ci siano – che vogliono rischiare con dei film più coraggiosi. Penso che chi ha le idee si diriga verso altre forme, verso le web series ad esempio, e il cinema d’autore soffra un po’ dei soliti dilemmi". A breve il Sindacato nazionale critici cinematografici indicherà il nuovo delegato generale