L’avevano aspettata al Festival di Roma per il red carpet di The Duchess, presentato in concorso, ma Keira Knightley non si era fatta vedere. Al Torino Film Festival non era attesa, la scena era già occupata da Oliver Stone e Roman Polanski più che sufficienti per un festival che cerca con moderazione solo un po’ di mondanità, senza che la sua identità venga compromessa. Così abbiamo ritrovato la Knightley, ricercata star a soli 23 anni, nei panni di Vera, il primo amore del poeta Dylan Thomas in The Edge of Love (Il confine dell’amore) dell’inglese John Maybury che l’ha presentato in anteprima fuori concorso, in attesa che la pellicola venga distribuita in Italia, probabilmente tra gennaio e febbraio.
La Knightley è parte di un quartetto prestigioso di interpreti. Accanto a lei ci sono: Sienna Miller nel ruolo dell’amica di Vera e della moglie del poeta gallese; Matthew Rhys è Dylan Thomas, pacifista ma impegnato a scrivere testi di propaganda del governo e di nuovo innamorato di Vera; Cillian Murphy è William, il marito di Vera, segnato dall’orrore della guerra. Nell’Inghilterra aggredita dall’aviazione nazista, la passione e i sentimenti forti di questi quattro giovani sembrano accendersi ancora di più, e nonostante la competizione amorosa le due donne si scoprono complici e amiche.
John Maybury come nasce il suo film?
L’interesse per questa vicenda non è partito da me, ma da Keira Knightley che mi ha portato un giorno la sceneggiatura, scritta da sua madre Sherman Macdonald, sulla figura del poeta e scrittore gallese Dylan Thomas. Il progetto mi ha interessato perché raccontava anche i rapporti personali tra questi giovani sullo sfondo di un periodo storico che segnava le loro vite quale era la Seconda Guerra Mondiale. Ho pensato che le vicende narrate potessero interessare le giovani generazioni.
Ma la sua pellicola non è il biopic di Dylan Thomas, centrale è invece il rapporto tra Vera e Caitlin?
E’ questo il nodo centrale su cui ho voluto soffermarmi, leggendo la sceneggiatura sono stato coinvolto da questa intensa relazione, dall’intesa profonda tra Vera e Caitlin. Alla fine le due donne sacrificano se stesse e la loro amicizia per amore degli uomini che hanno accanto.
E’ dunque un’opera femminista?
Volendo lo si può ritenere anche un film di questo genere.
Che cos’altro l’ha intrigata di quella sceneggiatura?
La possibilità di mettere in scena contemporaneamente due ruoli femminili dalle personalità così forti, fatto abbastanza insolito nel cinema britannico, abituato di solito a privilegiare un unico personaggio di donna tenace e decisa, a meno che non si tratti di commedia. In passato quella possibilità la sperimentò Ken Russell con il suo Donne in amore.
A quali altri registi ha pensato per il suo melodramma?
Una forte influenza l’ha avuta anche Terence Davies Trilogy, in particolare lo stile di questo regista, il suo modo meraviglioso di rappresentare l’Inghilterra di quegli anni. E non dimentico Derek Jarman con il quale ho lavorato.
Ha lavorato con cura sulla colonna musicale, riproponendo motivi dell’epoca.
Mi interessava restituire al pubblico quell’incredibile serie di iniziative musicali e artistiche che avevano accompagnato agli inizi degli anni ’40 le ore più pericolose e tristi di tanti londinesi. Nei rifugi, dove le persone si riparavano per sfuggire ai bombardamenti tedeschi, si tenevano spettacoli di cabaret, le compagnie teatrali recitavano Shakespeare, vi erano anche piccole biblioteche che davano in prestito i libri. Insomma accanto alla distruzione ferveva comunque la vita, e l’intrattenimento aiutava a sopportare un periodo così duro.
Si è avvalso anche di brani di poesie di Dylan Thomas.
Non potevo non inserire degli estratti delle sue opere dato che parlo di lui e che funzionano come commento a quegli eventi privati e pubblici. Una sorta di coro greco che segue gli avvenimenti e gli stati d’animo dei protagonisti.
Keira Knightley, che nel film interpreta alcune canzoni, ha dichiarato che non intende più ripetere un’esperienza simile.
Avevo già apprezzato le sue qualità di interprete quando lavorò per il mio The Jacket, allora aveva 19 anni e, per quanto fosse adolescente, era già una persona acuta e intelligente. All’inizio avrei dovuto utilizzare la sua voce preregistrata in studio, ma a riprese cominciate mi sono accorto che il sonoro era pessimo, così l’ho fatta cantare dal vivo accompagnata da due musicisti, davanti a oltre duecento comparse. Ecco spiegati i suoi timori e le incertezze, ma era pagata molto bene.
Il mondo cinematografico britannico sembra piccolo, perché c’è un continuo intreccio e scambio di attori e registi.
Scherzando direi che è un ambiente un po’ incestuoso, quasi tutti siamo imparentati. La verità che tutto questo intreccio di rapporti e relazioni artistiche che si concretizza in film girati insieme, è garantito e sostenuto dalla BBC Films, come nel caso del mio film, e da Channel Four. Godiamo del privilegio di poter realizzare produzioni non commerciali come The Edge of Love che, nonostante la presenza di due star come la Knightley e Miller, lo è a tutti gli effetti.
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