John Landis: “La mia commedia romantica… e assassina”


“La mia intenzione era realizzare una commedia romantica… su degli assassini”. Un’idea così è decisamente “alla John Landis“, il cineasta americano artefice di opere cult come The Blues Brothers, Animal House e Il lupo mannaro americano a Londra, a Roma per presentare, fuori concorso in Extra, il suo Burke & Hare e partecipare a un incontro con il pubblico. Ed è tipico del suo umorismo americano aprire il film con un cartello che recita “Questa è una storia vera, tranne per le parti che non lo sono”, iniziare un’intervista scattando una foto ricordo dei suoi interlocutori, o disseminare la storia di battute tipo “una volta mi sono fidato di una scoreggia, ma poi me la sono fatta addosso”.

La vicenda reale da cui nasce Burke & Hare è quella di due spiantati che, nella Edimburgo del 1828, trovano il modo di riempirsi le tasche vendendo cadaveri alla rinomata scuola di medicina della città, sempre più affamata di “carne fresca”. Grazie allo speciale tocco umoristico di Landis i due – interpretati da Andy Serkis e Simon Pegg – si trasformano in cialtroni così divertenti e adorabili da rimanere simpatici persino quando decidono di procurarsi la merce alla fonte – cioè uccidendola – per aumentare il giro d’affari. Ma non per pura avidità: Burke lo fa per amore, cioè per finanziare lo spettacolo teatrale della donna che gli ha rapito il cuore (nel primo momento in cui vede Ginny – Isla Fisher – il suo sguardo inebetito viene letteralmente illuminato, e sembra quasi che stia per esclamare ‘Ho visto la luce!’…), mentre Hare vuole coronare il sogno di aprire un’agenzia funebre. Commedia dark in costume ricca di autocitazioni che Landis è venuto a girare in Europa (nelle location reali e nei mitici Ealing Studios), Burke & Hare non ha deluso le aspettative della stampa, che lo ha applaudito al termine di una proiezione affollata. Il film sarà prossimamente nelle sale con Archibald.

Ci parli di questo suo ritorno alla commedia nei famosi Ealing Studios.
Agli Ealing, nei tempi d’oro degli anni ’40 e ’50, furono realizzate molte commedie dark, come Ladykillers (La signora omicidi) o Kind Hearts and Coronets (Sangue blu). Erano fantastiche, argute e divertenti, e mi piaceva l’idea di riprendere quella tradizione. I veri Burke and Hare erano tremendi, e su di loro sono anche stati fatti diversi film in cui appaiono molto cattivi. Io invece volevo renderli simpatici, anche dolci.

Ci vuole dire che siamo tutti un po’ complici o assassini?
Forse sì. Se paghiamo le tasse siamo sicuramente complici di molte cose. Ma non sta a me dire al pubblico come deve interpretare un mio film, ognuno deve percepirlo secondo la sua sensibilità. Cronenberg è l’unico regista che conosco che riesce a parlare dei suoi film a livello intellettuale, e lo fa sempre con molta convinzione. Comunque tutti i film sono politici, ognuno a suo modo, anche se non c’è un’intenzione consapevole del regista in questo senso.

Che impressione ha avuto del Festival di Roma?
Finora ho visto solo l’abergo, il ristorante e questo posto, e non so che dire. So che ieri sera c’è stata una contestazione contro i tagli al cinema e, pur non conoscendo la situazione italiana, so che in tutto il mondo quando i governi sono in difficoltà tagliano per prima cosa la cultura. Ovviamente per me è una tragedia, perché nel mio lavoro punto sulla cultura.

Che sguardo ha oggi sui suoi film del passato che sono entrati nella leggenda?
Capita, e a me è successo spesso, che i film escano e siano degli insuccessi, e poi magari dopo 20 o 30 anni vengano rivalutati dal pubblico e dalla critica e diventino delle leggende, dei cult. Prima ero una nullità e poi all’improvviso sono diventato un mito. Sta allo spettatore decidere, io non voglio più partecipare a questo gioco.

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29 Ottobre 2010

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